Fa un po’ specie parlare proprio adesso dei Cranberries, vuoi per l’improvvisa e ancora troppo recente morte di Dolores O’Riordan, vuoi perché il loro ultimo lavoro in studio – Something else – risale ormai a un annetto fa e quindi il rischio, altissimo, è quello di cadere come tutti i migliori sciacalli nelle celebrazioni postume di un gruppo solo in relazione a un fatto drammatico come la scomparsa della propria cantante. Eppure la musica è come la vita, percorre delle strade tutte sue e intercetta la tua traiettoria nei modi più inaspettati e particolari, colpendoti spesso in positivo: e proprio così ho scoperto, colpevolissimamente in ritardo, dell’esistenza di questo gioiellino chiamato Something else, quasi come se fosse un dono postumo di Dolores, un modo per farsi ricordare tramite le sue canzoni anche dagli ascoltatori più distratti.
Quello che senza volerlo sarebbe di fatto diventato l’ultimo capitolo discografico dei Cranberries con la O’Riordan alla voce è una rilettura acustica e molto particolare di una decina di cavalli di battaglia del gruppo irlandese, da Zombie a Linger, da When you’re gone a Just my immagination, arricchita da tre inediti: The Glory, Rupture e la strepitosa Why?. Parlare oggi di Something else significa quindi ricordare e soprattutto rendere omaggio a un’Artista dalla voce incredibile, una donna forte e fragile allo stesso tempo, leader di una band che ha segnato in pieno gli anni ’90 e che anche se non si ascoltava tutti i giorni o non faceva più il pieno di risultati come una volta, sapevamo essere sempre lì a portata di mano, pronta a farci compagnia sulle note dolci di Dreams o su quelle più incazzate di Zombie.
A fronte di tutto questo brucia ancora di più sapere che quella registrata in Something else è veramente l’ultima testimonianza della voce inconfondibile di Doleres O’Riordan, che insieme al suo gruppo propone dieci rivisitazioni in chiave strettamente acustica di altrettanti brani che hanno segnato la carriera dei Cranberries; tra le chitarre acustiche sempre in primo piano e gli archi sapientemente orchestrati per sorreggere l’impianto melodico di tutte le canzoni, scorrono in rassegna alcune ballate che hanno segnato il pop-rock a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila. La bellezza di arrangiamenti così minimali e curati mette in assoluto risalto tutta l’espressività vocale di Dolores O’Riordan, la cui voce angelica ed eterea, ma allo stesso tempo potente e graffiante, era capace di colpire a fondo e scuotere l’anima di ciascun ascoltatore, regalando non pochi brividi e sussulti emotivi. Sentirla cantare con così tanto coinvolgimento e trasporto fa quasi male, se si pensa a come sono andate a finire le cose per la cantante irlandese; eppure in questo album non c’è nemmeno un briciolo di nostalgia, piuttosto la voglia di riprendere in mano sotto un’altra veste i successi e le redini di una carriera importante come quella dei Cranberries, una storia che negli ultimi anni stentava un po’ a ripartire e proseguire. Chissà se Dolores e gli altri membri del gruppo erano consapevoli di tutto questo mentre registravano le nuove versioni di classici come Animal instinct, You & me, Ridiculous thoughts e Ode to my family; chissà se Something else sarebbe potuto essere davvero un nuovo trampolino di lancio per la band irlandese… impossibile dirlo: di certo adesso quest’album suona come il più bello dei commiati artistici che Dolores poteva lasciarci… e sentirla cantare i versi quasi profetici dell’ultima e inedita Why? fa davvero raggelare il sangue nelle vene, oltre che mettere un filo di magone… ma è la vita, che come la musica fa il suo giro nonostante tutto e tutti: “Somewhere in between here and heaven / somewhere in between where and why / somewhere in another dimension / I can hear you asking me why… I’ll wait for you, will you wait for me?”.
Matteo Manente