RADIO FLÂNEUR – “La matematica dei rami” di Max Gazzè
Alchimia riuscita tra Gazzè e la Magical Mystery Band di Daniele Silvestri

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“La matematica dei rami” è uno studio di Leonardo da Vinci che si concentra sull’equilibrio e l’armonia con cui crescono i rami di un albero; quest’armonia – che per esempio permette all’albero di difendersi dal vento e dalle altre intemperie – è il frutto dell’unione e dello sforzo condiviso da parte di tutti i rami che lo compongono. Allo stesso modo è avvenuta la collaborazione tra Max Gazzè e i musicisti della Magical Mystery Band dell’amico e collega Daniele Silvestri, dalle cui sessions di lavoro si è sviluppato il nuovo disco di inediti del bassista romano, intitolato proprio per questo motivo La matematica dei rami.

Dieci brani nuovi – tra cui una versione molto bella di Del mondo dei CSI, prima cover incisa su disco da Gazzè – che sono il frutto di un’alchimia perfettamente riuscita fra le tante anime dei musicisti della Magical Mystery Band che hanno lavorato intorno a questo nuovo progetto discografico; un sapiente mix di suoni, idee e parole che ha dato vita a dieci nuove canzoni nelle quali gli strumenti sono stati suonati per davvero, le registrazioni sono state effettuate in presa diretta, con i musicisti tutti chiusi insieme nello studio Terminal 2 di Roma come novelli protagonisti di un Decameron contemporaneo all’epoca del Covid-19. Da tutte queste suggestioni, sintetizzabili nella metafora iniziale dei rami che collaborano alla crescita dell’albero e ben rappresentate nell’anteprima sanremese de Il farmacista, non poteva che uscire un disco ricco di molteplici sfumature musicali, con note e parole sempre soppesate e mai lasciate al caso; dieci pezzi in equilibrio perfetto tra pop d’autore e sperimentazione, con echi di prog e tastiere sapientemente dirette e orchestrate da un grandioso Daniele Silvestri.

La matematica dei rami unisce sostanzialmente le due anime da sempre basilari nella musica e nell’arte di Max Gazzè: da una parte la poetica a volte stralunata ma quasi sempre geniale di Max e del fratello Francesco (Considerando, Il vero amore, Un’altra adolescenza, Le casalinghe di Shangai, Il farmacista e Figlia), dall’altra una musicalità di facile presa ma mai scontata e che in questo disco, grazie anche all’apporto decisivo di Daniele Silvestri e della sua Band, regala arrangiamenti curati e preziosi ad ogni singolo brano (incredibile la resa di Del mondo dei CSI, presentata sul palco dell’Ariston di Sanremo, ma pure Autoanalisi, Attraverso e L’animale guida risultano di pregevole fattura).

Il disco si apre senza introduzioni musicali con le parole di Considerando, una canzone sulle molteplici strade che può prendere la nostra vita: “Considerando l’ottimismo, quel passaggio necessario a compensare la realtà / Considerando un eufemismo, dare un senso di equilibrio a questa non felicità / Considerando l’attrazione che non riesco a trattenere ad ogni tua fragilità / Semplicemente vivere / È un grado sopra il limite…”.

Dal video de “Il vero amore”

La successiva Il vero amore è il primo colpo grosso dell’album, grazie a un arrangiamento in stile Sixties e un ritornello killer che serve per raccontare l’amore inteso come sentimento difficoltoso da maneggiare, un’arma a doppio taglio tra passione e reale interessamento reciproco: “Dimmelo che non sei la donna più giusta per me / che sono uno sfizio, una conquista / il gusto dell’inizio… / Dimmelo che non era ancora il momento per me / che sono stato un sfogo, un passatempo / un chiodo schiaccia chiodo / e come puoi credere / che tu non sia stata bene con me / ti ho sempre dato coraggio / qualche viaggio e tante rose tra le spine / il vero amore, il vero amore è soltanto fortuna…”.

Un’altra adolescenza risulta anch’essa una canzone molto ben riuscita, leggera senza mai scadere nella banalità; un brano che, partendo dai ricordi legati a una persona con la quale si è condiviso un tratto di strada, guarda al passato per proiettarsi nel futuro, fra i tanti ricordi che tornano alla mente e una malinconia di fondo che riaccende qualche rimorso per quel che poteva essere e non è stato: “La pizza, le sbronze, i sorsi, i nostri trascorsi / li abbiamo riposti in cassetti bellissimi e nascosti / per evitare di farci male coi ricordi / rimangono discorsi, rimangono rimorsi / rimane tutto quello che oggi ci prende a morsi / ma te lo ricordi cos’è che ci rendeva diversi? / Delle nostre stanze singole, la tua calma nelle pillole / dei coinquilini del sud e della tua voglia del Nord / che a forza di scappare tornerai al punto di partenza / invecchiare è solo un’altra adolescenza…”.

Difficile per non dire impossibile confrontarsi con il repertorio dei C.S.I. e la profondità recitativo-narrativa di Giovanni Lindo Ferretti senza fare brutte figure, eppure Gazzè con Silvestri vince l’ardua sfida, regalando a un brano come Del mondo – già di per sé perfetto nella sua versione originale – un’ulteriore estensione di epicità e maestosità, suggerendo pure un nuovo senso alle parole del testo alla luce dei fatti dell’ultimo anno e mezzo di pandemia: “È stato un tempo il mondo giovane e forte / odorante di sangue fertile / dimora della carne, riserva di calore / sapore e familiare odore / il nostro mondo è adesso debole e vecchio / puzza il sangue versato, è infetto… / Povertà magnanima, mala ventura / concedi compassione ai figli tuoi / glorifichi la vita, e gloria sia…”.

Si torna a un brano in tipico stile Gazzè con Le casalinghe di Shangai, canzone apparentemente leggera e divertente, che in realtà tratta a suo modo il tema della solitudine, declinata nell’esempio di chi è talmente solo da trovarsi a fare conversazione sulle hot-line erotiche nei giorni di festa: “Hotline erotiche a sei euro al battito / per trovare la pace a un disturbo nevrotico / al senso di solitudine che io ho e che tu hai / le casalinghe di Shanghai / che si fingono milf oppure trans / per nutrire figli coi portafogli di uomini sotto stress / le voci dei call center di Bruxelles / che per ogni scatto regalano un SMS gratuito / da consumare il giorno di Natale / quando siamo così soli da chiamare…”.

Presentato sul palco dell’ultimo Festival di Sanremo, Il farmacista è la dimostrazione più palese di bravura e arguzia lessicale all’interno di un testo di canzone, con tutti quei nomi di medicine e principi attivi incastrati fra di loro come se fossero un’unica grande ricetta; musicalmente invece richiama da vicino gli ultimi successi di Max Gazzè, come Sotto casa e La vita com’è: “Io ho la soluzione (Si può fare!) / per un tormento che attanaglia, punto debole o magagna e qualsivoglia imperfezione / per tutto invento, stai tranquilla, una bio-chimica pozione (Ma che cos’è?) / È quel miracolo che non ho visto mai / in nessun’altra se non te dopo la cura / e stai sicura che stavolta è quella buona e presto mi ringrazierai…”.

Al contrario della contagiosa gioiosità del singolo sanremese, L’animale guida è il brano più oscuro e turbolento del disco, con un arrangiamento inquieto nel suo incedere. Stando al testo, che mette in fila tutta una serie di animali rimati fra di loro (“Sarà un insetto stecco, un tordo, uno stambecco / un pachiderma di elefante, uno scoiattolo volante / un’iguana, un koala, un pesce palla / una cicala, un tamarino imperatore o una tigre del Bengala…”), si potrebbe intendere come un brano che parla dei mostri che abbiamo dentro, quelli coi quali dobbiamo fare i conti anche nei momenti migliori della nostra esistenza; in realtà racconta l’esatto opposto, ovvero di quella parte positiva di noi stessi sulla quale possiamo sempre fare affidamento per andare avanti: “E non è un mostro, vi assicuro è un tipo a posto / lui mi accompagna, è come un’ombra, che resterà sempre con me, ne son sicuro… / Perché lui è il mio animale guida e mi guiderà / per tutta la mia vita mi accompagnerà / e mi saprà indicare la via per aggiustare tutto quello che dentro me non va…”.

Attraverso è una ballata basata su un pianoforte malinconico, quasi sussurrato, che affronta il tema della mancanza o dell’assenza di una persona cara: “Ci si attraversa, basta spegnere la luce / e l’ombra sul tuo viso sparirà… / Si ricomincia da nuvole di fumo / nel freddo del mattino manchi tu… / E ti rivedo affacciata al tuo balcone / sei rossa che trattieni le parole ed io guardo su… / E non so più dove cercarti / se è già finita o come stai / è vero, sì, succede a tanti / ma così non l’ho capita / e non so più neanche chi sei / faccio fatica anche a capire / che fraintendere è morire / non so più come mi vuoi…”.

Un brano squisitamente pop è il successivo Autoanalisi, leggero negli arrangiamenti ma non scontato nel testo, che come suggerisce il titolo racconta di qualcuno alle prese con il bilancio della propria vita, fra alti e bassi e ammissioni di colpa laddove necessario: “Ho sposato la figlia di un notaio di grido / perché la sua pelle nuda si intonava al mio umore nero / e quando ero all’altare ho capito l’errore / è stato un malinteso, avrei dovuto aspettare / assomigliava a mia madre e mio padre a suo padre / è stato un transfer e non è vero amore / aveva amici sui social di un mondo migliore a cui voleva appartenere / non ha nulla a che vedere con il volersi bene… / Ho fatto un’autoanalisi mentre potevo dormire / e cercato un punto di vista migliore / che non fosse complesso ma nemmeno illegale…”.

Conclude il disco quel piccolo capolavoro che risponde al nome di Figlia, una lettera piena d’amore scritta da un padre che inevitabilmente vede crescere quella figlia che fino a poco tempo prima era una bambina; cantato a due voci da Max Gazzé e Daniele Silvestri, musicalmente è il pezzo più audace, folle e scomposto del disco, con una lunga coda strumentale e che non a caso contiene il verso che dà il titolo all’intero disco: “Ti ho sollevata come uno sguardo / ti ho vista persa dentro un libro sgualcito / navigare in infradito sul mio maglione / salire di corsa le scale sembrando acqua che sale / sembrando più acqua che sale… / E ti ho sentita distante / e ti ho sentita scura e insolente / ma un rubino non sanguina / non lo fermi il ruggito di un torrente / perché già me l’hai insegnato che una notte dura due giorni… / Fatti spiegare da un astronauta la matematica dei rami… / Diventa figlia quello che vuoi / ma quando ti annoi nel nulla dei negozi / o vedi che ti somiglio e allora fammi dettaglio / fammi dettaglio di una meraviglia…”.

Come i rami di un albero concorrono alla crescita e all’armonia dell’albero stesso, così le dieci canzoni del disco contribuiscono a dare forma e sostanza al nuovo album di Max Gazzè; La matematica dei rami è un disco collettivo dove la musicalità di una vera band si è messa a servizio delle canzoni e del loro autore, un album ottimamente suonato da musicisti che hanno dimestichezza nel lavorare in gruppo e la differenza balza all’orecchio dalla prima all’ultima traccia: musicalità e poetica viaggiano di pari passo, conferendo al nuovo disco di Max Gazzè una propria matematica dei versi e delle note.

Matteo Manente

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