“La signorina Papillon” e le follie di una società disincantata. La recensione dell’ultimo spettacolo in gara al Festival di Teatro di Merate

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MERATE – «Ma che tempi sono questi, di eroi col rimborso spese? […] Ebbene, io resterò qui a considerare le farfalle di questo giardino». Un roseto, il diario su cui scrivere segreti e catalogare lombrichi e falene, un pappagallo poeta e la tranquillità del sogno: al sicuro nelle campagne fuori Parigi, il mondo perfetto della signorina Rose Papillon sta per essere intaccato dal cinismo e dall’ipocrisia di una società che decade.

Portata in scena domenica 18 novembre dalla Compagnia Stabile del Leonardo di Treviso, La signorina Papillon è l’ultima pièce in gara al Festival nazionale di teatro, organizzato dalla compagnia teatrale Ronzinante di Merate. Per la regia di Giovanni Handjaras, la commedia di Stefano Benni ha riempito l’Auditorium del Comune meratese, proponendo al pubblico uno spettacolo di alto livello, per la qualità dell’interpretazione attoriale, per la conduzione registica e la cura negli elementi scenografici.

Ambientata in un giardino metaforico, nel recinto di un roseto in primavera, La signorina Papillon mette in scena la contraddizione stridente tra la ricerca di una vita tranquilla e l’inevitabile invasione del disordine, tra l’ingenuità e il cambiamento che la corrode. Protetta nel suo bozzolo di rose e farfalle, Rose Papillon, interpretata dalla giovanissima Daniela Piccolo, viene raggiunta da tre personaggi strampalati: il conte Armand, il poeta Millet – interpretati rispettivamente da Alessandro e Massimo Pietropoli – e la prorompente cugina della protagonista, Marie Louise, interpretata da Elisa Braido. Ambigui, tra il comico e l’inquietante, questi personaggi rappresentano la società della Parigi d’Ottocento e fanno irruzione nel giardino della piccola marchesa disegnandole uno scenario avveniristico, popolato da militari in carriera, poeti eccentrici, cortigiane e fratelli massoni.

Collocata in un tempo e in un luogo lontani, evocata come visione e come incubo, Parigi è la città di ieri e di oggi, con le sue contraddizioni e le sue brutture; è la realtà negativa da cui guardarsi: «Fuori sta nascendo un nuovo, bellissimo, sanguinoso futuro», dice il Conte Armand, goffo nella sua tracotanza; e «Parigi non è un giardino di rose», insinua Marie Louise, sbeffeggiando la cugina.

In un inseguirsi di sproloqui, di eccessi, di finezze verbali, con personaggi che sono parodie di loro stessi, il testo di Benni emerge grazie all’interpretazione degli attori, che, in un ritmo e in un amalgama corale perfetti, tengono l’attenzione degli spettatori fino alla fine, risultando convincenti nei siparietti comici come nelle pieghe drammatiche dello spettacolo.

In equilibrio tra sogno e incubo, La signorina Papillon della compagnia trevisana è uno spettacolo raffinato ed elegante, che mette in scena, tra battute bizzarre e momenti introspettivi, le follie di una società disincantata e arriva a un finale che non conclude, ma apre all’inquietudine.

Claudia Farina

Ph. Michele Masullo

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L'autore di questo articolo

Claudia Farina

È la più piccola dei flâneurs, con una chioma ribelle e un sacco di sogni. Fin da bambina innamorata del racconto e delle parole, saltella tra una storia e l’altra, tra la pagina e la vita. Laureata in Lettere Moderne, è alla ricerca costante di nuove ispirazioni e di luoghi dove imparare. La tesi sulla narrazione nella musica di Wagner è stata un colpo di testa (e un colpo di fulmine!). Suona il clarinetto da (un po’ meno di) sempre, ama la musica, l’amicizia quella vera, la natura, lo stupore e la Bolivia, che porta nel cuore. Crede negli incontri che cambiano la vita e la rendono speciale, come quello con Il Flâneur! Pensa molto (forse, troppo). Le piace viaggiare e scoprire il mondo, fuori e dentro i libri. Nella scrittura si sente a casa ed è convinta che la cultura, passione ribelle, sia davvero in grado di cambiare il mondo.