LECCO – È il senso di frustrazione che vive chi sa di essere un «mediocre» e ha la capacità di riconoscere la genialità altrui. È l’invidia e la furbizia di questo mediocre, astuto e calcolatore, che passo dopo passo conduce l’ingenua e istintiva genialità del suo nemico verso la follia, verso la morte. È la bravura di un attore, Tullio Solenghi (qui la nostra intervista all’attore), troppo spesso ricordato per le sue interpretazioni comiche, ma che indossati i panni di un sarcastico e riuscitissimo Antonio Salieri riesce a stregare il pubblico, a condurlo in una storia nota ma sempre intrigante.
L’Amadeus portato in scena sabato 13 dicembre sul palco del Teatro della Società dalla compagnia Gank e per la regia di Alberto Giusta è questo e molto altro. Uno spettacolo certamente fedele al testo dell’autore britannico Peter Shaffer ma con trovate di forte impatto, a partire dalla scenografia curata da Laura Benzi e fatta di tendoni che scorrono, di volta in volta mossi dagli stessi attori per svelare mondi diversi, dalla stanza in cui un ormai anziano Salieri trascorre i suoi ultimi giorni sino alla corte dell’imperatore Giuseppe II.
Un testo, quello che Shaffer ha firmato negli anni Settanta prendendo spunto dall’atto unico Mozart e Salieri di Puškin, che racconta di una profonda gelosia, dell’invidia di chi sa di non poter competere in quanto a bravura con il rivale: in una Vienna di fine Settecento il prestigio del compositore di corte, l’italiano Antonio Salieri, rischia infatti di essere messo in discussione dall’arrivo del geniale musicista salisburghese. Un rischio che, forse, è più nella mente di Salieri, perché in fondo l’imperatore, sempliciotto che trova ci siano troppe note nelle melodie di Mozart, non sembra cogliere il talento di quell’originale, a volte insolente, artista. Un Mozart cui Aldo Ottobrino dà volto e personalità, riportando – forse un po’ troppo – alla mente l’interpretazione di Tom Hulce nel pluripremiato adattamento per il grande schermo di Milos Forman. E così ecco battute troppo volgari per la corte, risatine fuori luogo, un portamento poco consono all’ambiente. È un Mozart sopra le righe, quello proposto anche dalla Compagnia Gank, esattamente come nella pellicola di Forman. Un Mozart «libidinoso, sconcio, infantile», al quale, parola di Salieri, Dio sembra aver ingiustamente donato una bravura immensa e inspiegabile.
Ma a convincere è soprattutto lui, il Salieri di Solenghi, sin dalla prima scena della pièce catalizzatore sul palco: anziano, seduto su una sedia a rotelle, eccolo raccontare del suo odio per Mozart, del suo piano per distruggerlo. Un racconto che si fa quasi subito realtà, con Solenghi-Salieri che si alza, indossa parrucca e giacca nere, riporta indietro nel tempo e diviene insieme narratore e protagonista, contemporaneamente fuori e dentro la scena, sarcastico osservatore e scaltro attore, capace di muovere i fili della storia. Uno spettacolo che si fa direttamente sul palco, con attori e tecnici che entrano in scena per spostare oggetti e cambiare scenografia, con Ottobrino-Mozart che al pianoforte trasforma una semplice marcetta in opera d’arte, e con la trovata registica del “ragazzo con il fiore in bocca”, figura che riassume più personaggi del testo e che a tratti fa da coro e in altri da alter ego di Salieri.
Un adattamento sicuramente ben riuscito, quello di Giusta, per un testo che ancora una volta porta in scena il conflitto tra genialità e mediocrità, dove la seconda sembra avere la meglio sulla prima ma dove alla fine, quando l’epilogo sembra chiaro, già scritto, mischia ancora una volta le carte. Al mediocre, benché astuto, il destino di cadere nell’oblio.
Valentina Sala