LECCO – In un’atmosfera ovattata e con il pubblico del Teatro della Società raccolto in un silenzio quasi spirituale, la voce di Gianmaria Testa canta Nuovo, una delle sue più belle e raffinate canzoni. Si apre così Rossintesta, lo spettacolo di Paolo Rossi andato in scena nella serata di venerdì 6 maggio sul palco del teatro lecchese. Un difficile compito, quello del comico: portare in scena uno spettacolo basato sulle canzoni di Gianmaria Testa a poco più di un mese dalla sua scomparsa. Un rischio, in quanto il tragico avvenimento ha aumentato indubbiamente le aspettative del pubblico, quasi alla ricerca di un omaggio postumo quando invece si trattava di uno spettacolo nato precedentemente e con intenzioni totalmente diverse. Altra difficoltà, poi, il fatto che la rappresentazione lecchese avveniva solamente a 24 ore dalla prima, andata in scena il giorno precedente a Torino e che, secondo alcune indiscrezioni, aveva mostrato qualche limite.
Saranno state le caratteristiche del Teatro della Società, piccolo e raccolto, oppure la forte emozione del pubblico avvertita fin dall’inizio, o ancora la felice serata di Rossi, che da subito è riuscito a interagire con il pubblico, regalando sketch improvvisati sin dai primi istanti dello spettacolo, sta di fatto che quello che è successo nella serata di venerdì è stato davvero notevole. Non tanto per la perfezione dei meccanismi della messa in scena – è evidente, infatti, che si tratta ancora di un work in progress – quanto soprattutto per il rapporto che si è creato tra attore, musicisti e pubblico, con momenti divertenti alternati ad altri veramente toccanti. In tutte le parti dello spettacolo il comico è apparso in gran forma (cosa non del tutto scontata), sia per quanto riguarda le canzoni interpretate che nei numerosi momenti di intrattenimento, dove non sono mancate storie legate al rapporto tra Rossi e Testa e tra Rossi e Jannacci, altro grande maestro ricordato durante la serata.
Quattro le tematiche dei brani eseguiti: si è andati dalle canzoni di Testa dedicate al mestiere dell’attore, tra cui spicca l’inedito La maschera di Arlecchino che sembra disegnato perfettamente su Paolo Rossi, a quelle dedicate al rapporto di coppia, dall’omaggio al maestro di entrambi, Jannacci, all’ultima parte, con canzoni che hanno viaggiato tra filosofia e politica. Nel mezzo di tutto questo aneddoti e sketch con il pubblico e con la perfetta spalla Emanuele Dell’Aquila, ormai molto più di un chitarrista.
Uno spettacolo, quindi, nella migliore tradizione del teatro-canzone italiano – che purtroppo pochi riescono ancora a portare avanti – e con una marcia in più data dall’atmosfera creata dalle perfette luci di Andrea Violato, che sono riuscite a creare quella sensazione d’intimità tra pubblico e musicisti essenziale in uno spettacolo come Rossintesta. Luci che hanno calzato perfettamente ai vari brani proposti dall’attore, trasformando il teatro da un fumoso locale americano durante il closing time alla Tom Waits al colorato e multietnico mercato di Porta Palazzo, tanto caro a Gianmaria Testa. Una menzione speciale non può non spettare alla band dei Virtuosi del Carso, che da anni segue le gesta del capocomico e che anche questa volta non ha mancato di convincere. Da segnalare, in particolare, la commovente interpretazione di Vincenzina e la fabbrica di Jannacci da parte della violoncellista e cantante Bika Blasko. Canzone, questa, che il pubblico lecchese ha avuto il piacere di apprezzare nuovamente dal vivo, tredici anni dopo l’ultimo concerto del grande cantautore milanese al Teatro della Società.
In conclusione, sembra proprio che tutto sia perdonato a Paolo Rossi nelle giornate in cui è ispirato, anche battute già sentite più volte o aneddoti ripescati da altri spettacoli che riescono a essere ancora brillanti e esilaranti come la prima volta. Una serata da ricordare, insomma, dove il clima è stato quello di una festa nella quale è sembrata aleggiare a volte anche la presenza del festeggiato, Gianmaria Testa, che si sarebbe sicuramente divertito ad ascoltare le sue canzoni vive e in un nuovo arrangiamento, proprio come dice in una strofa del pezzo con cui si è aperto lo spettacolo: nuovo come è nuova la canzone, per ogni voce che la canterà.
Daniele Frisco