Il film del mese: Julianne Moore è Alice, donna di successo colpita da Alzheimer. La recensione di “Still Alice”

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Alice Howland è una donna realizzata. Ha tutto. Una famiglia serena e un lavoro soddisfacente. Le cose cambiano il giorno che le viene diagnosticata una forma presenile d’Alzheimer. A quel punto tutte le certezze costruite crollano. Alice si sente, per la prima volta dopo tanto tempo, vulnerabile. Still Alice è un film scritto e diretto da Richard Glazer e Wash Westmoreland, interpretato da Julianne Moore, candidata ai Golden Globe come miglior attrice in un film drammatico e tra le favorite per una candidatura ai prossimi Academy Awards. Nelle sale a partire da giovedì 22 gennaio 2015.

still alice anteprimaLECCO – Dopo la pausa natalizia Il Flâneur tona a proporre ai suoi lettori l’ormai consolidato appuntamento con il film del mese in uscita nelle sale cinematografiche, con quella pellicola che più delle altre, a nostro parere, meriterebbe la visione. Still Alice è il nuovo lavoro scritto e diretto dalla coppia di registi e sceneggiatori Richard Glazer e Wash Westmoreland, molto noti tra gli appassionati del cinema indie americano. Al centro delle vicende troviamo il personaggio di Alice Howland, magistralmente interpretato da una sontuosa Julianne Moore, che regala una delle sue migliori performance in carriera e si avvicina ancor più all’agognato Oscar, già sfiorato in più occasioni.

Incredibile la particolarità con la quale è nato il progetto di questo film, tratto dal libro Perdersi di Lisa Genova. Appena richiesto alla coppia di registi di trasporre il romanzo, per la precisione proprio il giorno successivo, a Glazer viene infatti diagnosticata la SLA. Questo tragico fatto e la sofferenza della protagonista Alice comporta un approccio decisamente antiretorico e privo di pietismo, che non può che giovare alla pellicola. «Richard – dichiara, infatti, Westmoreland – è stato colpito nel corpo, non nella mente. Purtroppo è costretto al medesimo isolamento: la malattia gli impedisce l’uso della parola e il movimento, ma non ferma la sua voglia di combattere. Ha diretto il film attraverso un iPad, usando un solo dito e questa sua determinazione ha regalato una motivazione in più a tutta la troupe. E nonostante la sua vita quotidiana oggi sia molto difficile, sapere che il nostro lavoro contribuirà a creare una maggiore consapevolezza su un male che ha colpito 36 milioni di persone nel mondo, soprattutto donne, è una grande terapia per lui».

still alice1Serena, determinata, sicura di sé, Alice Howland è una donna sulla soglia dei cinquant’anni, che dalla vita ha ottenuto tutto ciò che ha sempre desiderato. Innanzitutto nel privato, in quanto sposata con il chimico John Howland (Alec Baldwin) e madre di tre figli, tutti e tre già ampiamente soddisfatti e realizzati nei loro intenti. Ma anche nell’ambito professionale, visto il suo prestigioso ruolo di dottoressa e docente alla storica università di Harvard. Una situazione apparentemente idilliaca. Fin troppo.

All’interno di questo cerchio di felicità si infiltra il male. Un male improvviso e spiazzante, soprattutto perché solitamente riscontrabile in soggetti d’età più avanzata: il morbo d’Alzheimer. È a questo punto che la vita di Alice entra in un vortice d’instabilità, di paura e di senso di vuoto. Un dramma intenso e commovente, nel quale Julianne Moore è meravigliosa nella capacità di mostrare le varie sfumature di una donna la cui stabilità e sicurezza è messa alla prova, forse per la prima volta nella vita.
Still Alice è un saliscendi emozionale pieno di umanità. I legami familiari sono pregni di lacrime e coraggio, ricordano intrecci di un film classico giapponese, Viaggio a Tokyo di Ozu, con cariche di ansia e paura che lasciano senza fiato. Still Alice è un saliscendi come del resto lo è la malattia in sé, che alterna lucidità e assenza, parole e silenzi. Lunghi silenzi. Con estremo e impressionante tatto, i registi affrontano un tema nel quale è sempre facile cadere nel cliché.

still alice2La qualità di affidarsi esclusivamente alla visione soggettiva della protagonista in realtà, alle volte, diventa un limite, perché si rischia di non dare una vera identità alla regia, di spersonalizzare un film che a livello interpretativo è essenziale e fondamentale. Perché Still Alice è una pellicola che si fonde e prende corpo grazie al grandissimo supporto delle interpretazioni degli attori. Assolutamente azzeccato il cast, con la Moore che eccelle per la seconda volta in poco tempo – ricordando l’ottima performance in Maps to the Stars di David Cronenberg – coadiuvata da una sorprendente Kristen Stewart, e dal bravissimo (e spesso sottovalutato) Alec Baldwin. Riduttivo, però, definire questo film una classica “pellicola d’attori”. Vero è che il salto di qualità lo apportano proprio le loro interpretazioni, ma la sua bellezza e incisività è insita nella modalità scelta da Westmoreland e Glazer di raccontare una delle malattie più inquietanti e spaventose della nostra epoca. Una malattia che sfianca la mente, annulla i ricordi e porta via il bagaglio di vita che una persona ha potuto e voluto accumulare.

Alice dimostra come nemmeno la fame del male possa uccidere la determinazione, la dignità e la voglia di vivere dell’essere umano, sfiancato e attaccato nel tempo. Alice lo sa. Vive ogni passaggio della malattia, dallo scoramento e dalla voglia di farla finita fino al coraggio di lottare, anche grazie all’aiuto dei propri cari.
Positiva anche la scelta di non mostrare la parte finale della malattia, un capolinea che forse sarebbe stato un eccesso portare all’attenzione. Perché è la memoria, in fin dei conti, a definirci in quanto persone, in quanto essere umani.

still aliceLa bellezza di un film come Still Alice sta tutta nella capacità di essere diretti, concisi, pratici e antimoralisti, senza affrancarsi da una delicatezza che non può essere esclusa in una narrazione così profonda e commovente. Julianne Moore e la sua Alice Howland dimostrano come si possa affrontare uno dei più infidi villain esistenziali con il giusto rigore, grazie a una visione soggettiva del suo lento e inesorabile declino e deterioramento, il quale assume ancora più forza perché colpisce chi, dalla vita, non poteva chiedere più di quello che la vita stessa le ha donato.

Quando ci si sente invulnerabili e si scopre di non esserlo. Quando tutto ciò che faticosamente si è costruito va nel dimenticatoio, e non per propria scelta. Alice ricorda quanto la crudezza della vita e la cattiveria di una malattia possano diventare una legge uguale per tutti. E guardando il film impariamo ad accompagnare la protagonista e a vivere accanto a lei il suo dramma. Avvicinandoci a consapevolezze a volte dimenticate, e non a causa della malattia.

Davide Sica

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Davide Sica