I totalitarismi, l’invenzione per eccellenza della politica novecentesca. Una soluzione che nell’instabile Europa degli anni tra le due guerre mondiali sembrava rappresentare il futuro dell’umanità e che ha portato, però, milioni di morti tra guerre, genocidi e repressioni. Proprio i totalitarismi sono al centro della terza puntata di Fotogrammi del Novecento, il nostro percorso tra le pellicole che meglio raccontano la storia del Secolo Breve: un appuntamento, quello di oggi, che ha per protagonisti tre film che mostrano come lo stato totalitario abbia cercato in tutti i modi di annullare le personalità dei singoli, la loro possibilità di scegliere, in sostanza la loro libertà. Si tratta di Una giornata particolare di Ettore Scola, Il sole ingannatore di Nikita Mikhalkov e La caduta di Oliver Hirschbiegel, film rispettivamente ambientati nei tre principali totalitarismi: fascismo, stalinismo e nazismo. Regimi, questi, differenti per storia e ideologia, ma nei quali possiamo rintracciare caratteristiche comuni, dall’affermazione di un partito unico e di un’unica ideologia alla mobilitazione totale della società, dalla propaganda martellante al grande sistema repressivo e di controllo della popolazione, sino al predominio di un dittatore carismatico e all’evidente culto della sua personalità.
Ma i film di oggi permettono di individuare, soprattutto, l’incredibile opera compiuta da questi regimi nel mettere in secondo piano la vita del singolo, al fine di costruire una “meravigliosa” e attraente società del futuro, che si parli di Reich millenari, di una nuova stirpe guerriera, dominatrice e coraggiosa, o ancora di una società pienamente comunista. Un bene superiore, un mondo utopistico promesso dalla propaganda e largamente condiviso dalla popolazione, fine ultimo in grado di giustificare qualsiasi violenza o sopruso nei confronti di chi viene percepito dalla massa come estraneo, contrario o pericoloso. Un po’ come un giardiniere che, per dirla come Zygmunt Bauman, progetta un giardino meraviglioso e che, per realizzarlo, si sbarazza delle erbacce che lo infestano.
– Il fascismo: “Una giornata particolare” di Ettore Scola (disponibile su Sky Cinema)
Partiamo dal primo film selezionato, capolavoro di Ettore Scola con Sofia Loren e Marcello Mastroianni. Una giornata particolare ci porta all’interno di quello che, in contemporanea con il caso staliniano, rappresenta il primo tentativo totalitario del Novecento: l’Italia fascista. Un tentativo, in realtà, non pienamente compiuto considerata la permanenza, all’interno del Paese, di poteri autonomi quali la monarchia e la Chiesa cattolica, ma che non può non essere considerato un esperimento totalitario, questo grazie a elementi quali la costante presenza della polizia politica, l’eliminazione degli oppositori, il culto della personalità, l’uso massiccio della propaganda e dei raduni di massa così come le numerose organizzazioni che devono accompagnare la vita delle persone dalla nascita alla morte. Al centro del film l’incontro tra due condomini, un uomo e una donna: apparentemente con poco in comune, un po’ alla volta scopriranno di condividere, pur per motivi molto diversi, isolamento ed estraneità a un sistema riconosciuto e appoggiato dagli altri. Un regime che entra nella vita privata delle persone, ne giudica i comportamenti ed esige il rispetto di modelli di vita prestabiliti quali la donna madre e casalinga e l’uomo virile e guerriero. Non c’è spazio, qui, per chi non rientra nelle categorie predisposte dal totalitarismo. Non c’è spazio, quindi, per le libertà individuali. E la solitudine dei due sembra contrastare sempre di più con la vita che intanto scorre all’esterno del palazzo: è il 6 maggio del 1938, giorno della visita di Adolf Hitler a Roma, e tutti accorrono a omaggiare il dittatore tedesco. Una manifestazione di massa, questa, che arriva anche nella casa dei protagonisti attraverso il resoconto del radiogiornale, sparato a tutto volume dalla portinaia – fedele guardiana della rivoluzione fascista – e che in ogni momento del film fa sentire la presenza e l’oppressione del regime.
– Lo staliniano: “Il sole ingannatore” di Nikita Mikhalkov
Con il secondo film ci spostiamo nell’Unione Sovietica degli anni Trenta, periodo delle purghe staliniane, quando il dittatore sovietico mette a punto uno spietato sistema di eliminazione di coloro che, a suo dire, potrebbero offuscarne la figura e il prestigio. È tra il 1936 e il 1938 che si tiene una serie di processi farsa contro persone accusate di presunte attività anticomuniste e considerate nemiche del popolo. Con questi processi verranno eliminati dirigenti comunisti che hanno partecipato alla rivoluzione bolscevica e persino personalità politiche vicine a Stalin nella sua ascesa alla guida del partito, oltre a circa 35.000 ufficiali di medio e alto grado tra i più importanti dell’Armata Rossa. E proprio un eroe militare della rivoluzione del 1917, il colonnello Kotov, è protagonista de Il sole ingannatore di Nikita Mikhalkov. In uno scenario quasi checoviano, l’ex militare si gode il pre-pensionamento nella sua dacia di campagna: lui che si è speso per la causa sovietica e che è da tutti riconosciuto, temuto e ammirato, sarà comunque vittima della polizia politica Nkvd. Un film che racconta del totalitarismo staliniano, soprattutto nella sua fase più paranoica e spietata, quando tutti, persino eroi della rivoluzione, rischiano di essere spediti in campi di rieducazione o condannati a morte. Uno stato dove una delazione o una semplice rivalità personale può portare alla fine della libertà personale, misura comunemente considerata necessaria per la difesa del socialismo, per il proseguimento di un’improrogabile missione ideologica che, se necessario, schiaccia il singolo individuo.
– Il nazismo: “La caduta” di Oliver Hirschbiegel (disponibile in streaming su RaiPlay)
Chiudiamo con un film dedicato al totalitarismo per eccellenza, quello che in maniera più distruttiva ha dispiegato le sue armi non solo su un popolo, bensì su buona parte dell’Europa: il regime nazista. Un totalitarismo che più di tutti è riuscito ad avvalersi di masse indottrinate da un incredibile sforzo propagandistico, che ha portato buona parte dei tedeschi, soprattutto i più giovani, a credere ciecamente al proprio Führer. Il film che prendiamo in esame non si concentra sulle caratteristiche del regime ma sulla fine di tutto, la disintegrazione di un dittatore, di un sistema politico, di una nazione e di una città che sarebbe dovuta essere il simbolo di quel Reich millenario promesso da Hitler. Stiamo parlando di La caduta di Oliver Hirschbiegel, pellicola che può contare sulla grande interpretazione di Bruno Ganz, qui nei panni del dittatore tedesco. Un lungometraggio che mostra un Hitler non mostruoso e diabolico, bensì debole, pieno di tic, paure, paranoie. Una persona umana, insomma, alle prese con il disfacimento di quel sistema di potere a cui crede ancora con fanatica perseveranza. Siamo alla fine dell’aprile del 1945 e i sovietici cingono d’assedio una Berlino in macerie, dove ragazzini vengono sacrificati in un’ultima folle difesa del sogno nazista. Il dittatore è chiuso nel bunker con alcuni gerarchi, la sua compagna Eva Braun, militari e impiegati della cancelleria del Reich: un microcosmo che ben rappresenta i reduci di un totalitarismo, tra chi ha aderito per convenienza e fugge, chi con realismo capisce che non c’è più niente da fare e prova a salvarsi, chi crede incredibilmente ancora in Hitler e nelle sue risorse e chi, infine, è così accecato dall’ideologia nazista e da quel sogno incarnato dal dittatore da non volere sopravvivere a una Germania non nazionalsocialista. Sono fanatismi e convinzioni assolute che solo i totalitarismi hanno saputo scatenare. Agghiacciante, a questo proposito, la scelta di Magda Goebbels di uccidersi con il marito dopo aver avvelenato nel sonno, uno per uno, i suoi sei figli.
Daniele Frisco