Cameron Stuart è un padre molto affettuoso ma che soffre di un disturbo bipolare della personalità. Provato dalle sue turbe psichiche, Cameron non riesce a mantenere un posto di lavoro e, in seguito a un ricovero per esaurimento nervoso, la moglie Maggie decide di trasferirsi a New York, così da riprendere gli studi universitari grazie a una borsa di studio. Ora toccherà a Cameron occuparsi delle sue due figlie, Amelia e Faith. Si tratta di “Teneramente folle”, pellicola diretta da Maya Forbes.
LECCO – Infinitely Polar Bear, orrendamente tradotto e distribuito in Italia con il titolo Teneramente Folle, è la prima pellicola diretta da Maya Forbes, ambientata nella Boston di fine anni ’70 e ispirata proprio alla sua adolescenza. Presentato al Toronto International Film Festival e al Torino Film Festival, Teneramente Folle è prodotto, tra le altre, dalla Bad Robot Production di J.J. Abrams. Difficile, quindi, classificare come indie-movie – almeno produttivamente – la pellicola della Forbes, che si avvale oltretutto di due protagonisti di alto livello come Mark Ruffalo e Zoe Saldana.
Tuttavia, seppur mantenga in parte quegli specifici canoni del più classico dei film indie americani, Teneramente Folle è scevro da determinate sovrastrutture che negli ultimi anni hanno configurato un certo tipo di cinema non proprio mainstream, come invece solitamente accade alle produzioni più ricche. Quel cinema indipendente che a sua volta rimane bloccato all’interno di schemi stantii e simbolismi ripetitivi, incapace di slegarsi da scontati meccanismi drammaturgici.
Ciò non vale, per fortuna, in questo caso. Maya Forbes, sceneggiatrice di successo e produttrice televisiva di altrettanto valore, al suo debutto dietro la macchina da presa regala un autentico gioiello cinematografico, con una trama costruita con grande fluidità e leggerezza, senza un briciolo di superficialità.
Non è certamente facile portare sullo schermo una storia di questo tipo, senza cadere nei più infidi tranelli dell’emotività spiccia. E Teneramente folle esula da tutto questo. La regista ci racconta la storia di un padre e marito alle prese con un forte disturbo bipolare della personalità, di una malattia che gli impedisce di poter adempiere correttamente ai propri doveri e di relazionarsi tranquillamente con i membri della sua famiglia, composta dalla paziente moglie Maggie e dalle due piccole figlie, Amelia e Faith.
Il buon esito della pellicola nasce anche dalle dinamiche che la Forbes sceglie per esporci un disagio che si ripercuote sull’intera vita sociale dell’uomo e delle persone a lui care: alla fine dell’ennesimo ricovero dopo una grave crisi, Maggie, fino a quel momento vera colonna portante dell’intero nucleo familiare, mette Cameron di fronte a i propri doveri. Da centro nevralgico attorno al quale, con considerevoli sacrifici di moglie e figlie, si dipanano le vicende di casa, Cameron si trova costretto a diventare lui stesso colonna portante. Anni di desideri e ambizioni represse e una borsa di studio a New York spingono Maggie, infatti, a pensare al proprio futuro, a come agevolare economicamente anche le due figlie.
Alternando alla perfezione i frangenti più esilaranti e più buffi della malattia, soprattutto nelle situazioni in cui Cameron cerca di avvicinarsi alle proprie bimbe con piccoli ma goffi gesti, alle vicissitudini più drammatiche, come i rapporti con il vicinato e alcuni tragici eventi della propria quotidianità, Maya Forbes riesce a trasmetterci l’intensità di una vita piena zeppa di costanti complicazioni ma anche di intenso e viscerale amore.
Amore e malattia. È attraverso quest’ultima che Cameron, paradossalmente, trova la chiave per farsi accettare dalle figlie che, a loro volta e non senza fatica, nutrono una costante intensità affettiva nei confronti del padre in grado di colmare quelle lacune causate dalle difficoltà inevitabili dell’uomo.
Una storia d’ampio respiro, fattore fondamentale per raccontare una vicenda di questo tipo, con scenografie dove i colori caldi si mischiano a tonalità più nostalgiche che pervadono il film grazie anche a una colonna sonora meravigliosa, capace di dirigere ritmicamente la narrazione. Una storia irresistibile, impreziosita dalla straordinaria interpretazione di uno degli attori più camaleontici di Hollywood, Mark Ruffalo, veramente in stato di grazia, e dalla sofferta e deliziosa performance di Zoe Saldana, e che amalgama alla perfezione le ottime prove da giovani attrici delle due ragazzine – una delle due è la figlia della Forbes – dirette da una regista che speriamo possa continuare a perseguire questa purezza cinefila.
Davide Sica