Bob Dylan, The Clash, The Who, Creedence Clearwater Revival, John Lennon, ma anche Nelson Mandela, Pericle e perfino Papa Francesco, oltre ai soliti Springsteen e Neil Young che aleggiano comunque come numi tutelari: sono questi alcuni dei riferimenti più espliciti che si possono trovare nelle canzoni di Essenziale, il nuovo disco di inediti di Massimo Priviero. Un disco di chiara matrice acustica, con canzoni nate per essere eseguite voce e chitarra; poi l’aggiunta di alcuni strumenti per dare maggior colore, forza e spessore alle melodie e alle parole cantate dal rocker veneto-milanese nei suoi brani, che così facendo hanno acquistato una maggior potenza espressiva, pur mantenendo intatta la loro vocazione originaria.
Essenziale contiene dieci brani inediti più due bonus tracks in versione full band legate a doppio filo con le produzioni più recenti di Priviero, dalla vena più acustica e introspettiva del capolavoro All’Italia (2017) a quella più rock e sanguigna dell’altrettanto ottimo Ali di libertà (2013). Impossibile forse eguagliare lirismo ed empatia presenti in All’Italia, ma le dodici nuove composizioni arrivano pur sempre dritte al cuore: un ottimo folk-rock spogliato di ogni sovrastruttura e fronzolo, anche negli episodi più tirati come Bella vita, che diventa più scarno e diretto nei brani più minimali come il singolo Redenzione, mantenendo sempre la stella polare della canzone d’autore tanto cara a Priviero.
Essenziali e ben centrati, oltre agli arrangiamenti, sono anche i temi affrontati nelle nuove canzoni, con testi sempre curati e all’altezza della miglior canzone d’autore italana: rinascita, forza, resistenza, vita, amore, affetti e legami sono alla base del nuovo album di Massimo Priviero, che dall’iniziale Redenzione alla conclusiva Abbracciami non rinuncia mai – come sua abitudine – a spronare e incitare l’ascoltatore (Tutto possibile e Abbi forza), sia esso l’amico caduto nel buco nero della depressione per colpa dell’epidemia (Rinascita) o la popolazione intera, per la quale vengono scomodate addirittura le beatitudini e il discorso della montagna citato nel Vangelo (Un solo popolo): per ciascuno di loro esistono figure di riferimento – nel testo vengono citati Nelson Mandela, Joe Strummer e Pericle – alle quali guardare per trovare la forza necessaria nei momenti più difficili (Imbattuto). In Essenziale c’è spazio ovviamente tanto per i sentimenti (Amore senza fine idealmente legata alla figura di Mario Rigoni Stern e alla gente di montagna, mentre Tutte le volte è rivolta all’amore della propria vita), quanto per i legami familiari (Paradiso dedicata a un ideale incontro col padre scomparso); nel finale, come appendice a quanto cantato fin lì, sono presenti due brani (Vivi ragazzo e Abbracciami) suonati in versione elettrica con tutta la band e registrati in studio prima delle sessioni che hanno portato alla realizzazione di Essenziale.
Per ulteriori spiegazioni e curiosità relative alle singole canzoni, lasciamo la parola direttamente a Massimo Priviero, che sul suo sito ha pubblicato degli utilissimi podcast e delle note d’autore che meglio di qualsiasi altro strumento sono in grado di analizzare il nuovo disco Essenziale traccia per traccia.
Redenzione – “È del tutto e felicemente nella mia testa debitrice al primo Dylan. Il portamento, la struttura, le visioni contenute nel testo sono del tutto segnate da quel che abbiamo tutti vissuto a partire dalla primavera 2020, ma anche da tanti suoi versi che oggi hanno cinquant’anni e più. La rabbia, la paura, la denuncia, il bisogno di amore e di purificazione. Il menestrello solo nel mezzo di una strada che suona e canta quel che i suoi occhi vedono e quel che la sua penna scrive da sola, invitando il mondo ad aprire la sua finestra. La finestra della mente e finestra dell’anima”.
Imbattuto – “L’idea che il concetto di vittoria e sconfitta sia legata alla quantità di successo che un uomo ha seguendo le logiche predefinite e imposte in questo nostro mondo mi è sempre arrivata molto male. Lasciate stare che questo prescinda del tutto da talenti, dalla fortuna per chi ci crede, da aiuti o spalle coperte o da quel che volete metterci dentro. Questo mi è del tutto secondario. Tendenzialmente, è vero che la dittatura d’idiozia che viviamo ci chiede questo. Non ci chiede valori, non ci chiede vera felicità, non ci chiede umanità, non ci chiede conoscenza, non ci chiede neppure bene comune. Ci chiede solo più o meno successo usando una determinata unità di misura. Diversamente, la verità della nostra esistenza, e pure ciò che potremmo chiamare a nostro piacimento successo, dipende viceversa da quanto siamo padroni del nostro destino e da quanto scriviamo la nostra strada. Da quanto siamo i capitani della nostra anima […] Quello che conta è ciò che si è e non certo, per tornare da dove son partito, la quantità di successo che si raggiunge se questo è misurato da logiche che non contano proprio nulla. Conta la libertà. Conta il coraggio. Conta essere capitani della propria anima. Il resto, non conta”.
Rinascita – “Dicono che la depressione sia la malattia del nostro tempo. Una specie di buco dove un uomo, a prescindere dalle eventuali luci o dall’apparente felicità in cui può scorrere la sua vita, può cadere con poche possibilità di risalire […] Tanta gente si è ritrovata con le spalle al muro dopo quel che abbiamo passato. Tanta gente per esempio ha perso un lavoro. Tanta gente ha perso quel che riteneva essere il senso principale della propria esistenza. Ritrovandosi ad un certo punto come immobile. Disinteressata al sole che si alza al mattino e scende alla sera. Con la sensazione di essere del tutto inutile […] Ricordo bene il giorno di Pasqua del 2020. Ricordo perfettamente le immagini di Francesco nella grande piazza sotto la pioggia. Solo. Solo come un uomo che ha bisogno di un aiuto che non sa dove trovare […] Aveva detto “nessuno si salva da solo”. Meravigliosamente fragile. Ma ad un certo punto del viaggio devi rialzarti. E dovrai scostare le tende per fare in modo che la luce entri. Anche se credi che non abbia interesse per te, dovrai provare a costringerti a considerare che non sei solo”.
Tutto possibile – “Molte delle cose che scrivo, che suono e canto han dentro questa idea di umana resistenza che mi porto dietro da sempre […] Il senso ancora maggiore che ho dentro insieme a questo è proprio legato all’eventualità di poter intervenire sull’esistenza. Tutto possibile gira fondamentalmente intorno a questa idea, se volete assai più articolata rispetto ad un generico invito ad andare avanti che mi rendo conto può pure diventare banale da dire. Personalmente, non credo affatto che tutto sia scritto. Come non credo che un’esistenza sia per forza già indirizzata da un particolare contesto, da una situazione famigliare, finanche da una determinata attitudine che poi uno mette a fuoco più o meno bene […] Nulla è scritto prima. Nulla è quello che hai. Nulla è la fortuna che il caso può farti trovare quando vieni al mondo. Nulla. Ma tutto è possibile. E tutto quel che fai deve andare a coincidere con quello che sei”.
Amore senza fine – “È stato pure sorprendente per me scoprire, specie con lo scorrere degli anni, quanto un uomo nato e cresciuto sulla riva del mare Adriatico in fianco a Venezia acquisisse un amore speciale per la gente di montagna. Quand’ero bambino, nei giorni d’inverno delle mie vacanze nell’alto bellunese, mi trovavo pure per forza ad essere con mio padre nella piazza del tal paese ad ascoltare un coro di alpini che intonava struggenti melodie […] Mi ci è voluto tempo per capire quanto fossero formidabili. Mi ci è voluto tempo per comprendere quanto fosse in quei momenti vera la commozione di mio padre. Mi ci è voluto tempo per scrivere anche canzoni che parlavano di alpini, come chi mi è vicino sa che ad un certo punto ho fatto. Amore senza fine è nella mia testa una storia d’amore che non si conclude con il compiersi di una vita […] Ho usato parole che fossero le più semplici possibile. Come sono semplici e immediate le parole della gente di montagna […] Personalmente, pur da uomo cresciuto ascoltando il suono del mare, ho sempre più imparato ad amare il silenzio delle montagne”.
Bella vita – “Volevo un momento che spezzasse tutto lo scorrere del viaggio con energia semplice ed immediata. Volevo ritmo e un piede battuto per terra. Volevo chitarre sbattute su accordi maggiori figlie o meglio nipoti di Pete Townshend. In questo caso, non mettete il testo in primi piano. Non è certo una delle cose migliori. Poi, va bene, c’è un frammento di solitudine esistenziale e di fragilità che cerca di risolversi rivolgendosi ad un ipotetico interlocutore che in questo caso chiamiamo Bella vita. Siamo fragili e se non siamo scemi lo sappiamo bene. Siamo granelli di sabbia e niente di più. Siamo le nostre stesse tracce che spesso neppure riconosciamo. Siamo foglie che volano d’autunno. Ma possiamo talvolta essere anche meravigliosamente vivi e innamorati pure dell’esistenza. Anche senza comprenderne il senso […] Who a parte, mi son venuti in mente ad esempio i primi Creedence, che furono in origine dal mio punto di vista una specie di miracolo. Ho lasciato andare, ho seguito l’onda”.
Abbi forza – “Questa canzone e pure il suo testo sono nella mia mente una specie di mantra circolare. La progressione armonica si ripete e potrebbe durare pure molto di più. In realtà, all’atto di scrivere Abbi forza, come stesura, avevo in testa e cantavo a me stesso una splendida canzone di Lennon intitolata Working Class Hero che, allo stesso modo, è costruita su un modulo che si ripete ossessivamente per preparare ogni volta una sorta di dichiarazione finale. Ne sono quindi debitore […] Ora voi immaginate il testo di questa canzone che scorre in testa ad un uomo che ripete a sé stesso il concetto durante un passaggio fragile della sua esistenza. Dove tutto quel che chiedi, a te stesso, al cielo, a un Dio, a chi pensate che in quel momento possa minimamente sentirvi, è semplicemente la forza per andare avanti […] Serve quella che in questo caso chiamo forza […] Serve tanta forza per farsi buone domande e per provare a darsi buone risposte”.
Tutte le volte – “In tanti anni, mi è capitato poche volte di scrivere quelle che chiamereste canzoni d’amore propriamente dette […] Al contrario, potrei invece affermare che ho amato alcune canzoni d’amore che mi arrivavano talmente perfette dal fermarmi davanti alla consapevolezza di non poterci arrivare vicino […] Tutte le volte è del tutto una canzone d’amore […] L’amore che ti salva e che ti prende la mano mentre stai cadendo giù. L’amore che ti fa guardare gli occhi di chi ami e che, finalmente, riesce a spostarti da un te stesso che pratichi troppo, visto pure quel che fai nella tua vita”.
Un solo popolo – “Il Discorso della Montagna che recito nell’intro parlato è certo una delle cose più straordinarie accadute nella storia dell’umanità. Che se volete potete anche far prescindere da un concetto di fede. Perché è anche il manifesto dell’uomo che riesce ad innalzare il proprio spirito, la propria grazia, la propria essenza nell’attimo in cui ogni anima individuale riesce a diventare una grande anima universale. Non è soltanto l’abbraccio agli ultimi della terra, non è solo la mano tesa data a chi cammina al tuo fianco. È il piano più grande a cui dobbiamo aspirare. Un solo popolo ha questa necessità. Quella appunto di un’unica grande anima che appartiene a tutta la razza umana”.
Paradiso – “È prima di ogni altra cosa una canzone di serenità e di pace. Parla di un approdo in un paradiso ipotetico o in una terra di pace e dell’incontro con mio padre che persi, pure in circostanze drammatiche, alla metà degli anni ottanta del secolo scorso […] Ma Paradiso è anche una canzone dove ammetto sbagli, dove tocco debolezze, fragilità e mancanze che sono del tutto mie. Dove dichiaro amore per la vita e per la musica, per esempio, ma dove pure considero che avrei dovuto essere assai più capace di amare. Dove l’orgoglio, termine che pure amo, diviene anche il limite che non ti fa vedere bene il prossimo […] Ognuno di noi si porta dentro pezzi di colpe, incomprensioni, desideri irrealizzati, tratti di rammarico. Se gli riesce, cerca per strada pace e serenità”.
Vivi ragazzo – “La coda di Essenziale comprende canzoni che appartengono al periodo appena antecedente la scrittura e l’incisione dell’album. Sono figlie di sessioni fatte con la band che mi è a fianco ormai da tanti anni […] Troverete dei suoni più elettrici, detto in sintesi, che pure amo e che vengono da un lungo viaggio in quel che chiamiamo rock d’autore che ovviamente ha la forza di possedere dentro di sé diversi colori […] Non entro in questo caso nello specifico delle tracce, prendetele se vi fa piacere come una specie di onda della quale era giusto rimanesse qualche orma che andava pubblicata. Spingendo sui suoni degli strumenti e sulla voce, magari sacrificando la cifra poetica della scrittura a vantaggio della sonorità delle parole”.
Abbracciami – “La vedo molto figlia di una primaria necessità tanto più oggi. Ha valenza fisica ed ideale. Ha nella mia testa quel desiderio di grande anima universale e quel bisogno di comunità che son concetti sui quali spesso vado inevitabilmente a sbattere […] Credo ancora, e sarà pure una forma di illusoria autodifesa, che una certa visione del mondo, pure minoritaria, possa salvarsi dai tempi che viviamo. E che possa pure uscire rafforzata da quel che abbiamo passato. È una forma di illusione? È un sogno che non vuol smettere di farsi da parte e che personalmente traduco in quel che scrivo, suono e canto? È quel che voi preferite! Ma è il sale della mia vita e, per fortuna, non soltanto della mia”.
Matteo Manente