Chi l’ha seguito sui social durante i lunghi mesi di lockdown sa bene che l’hastag #canzonidallasoffitta era diventato una sorta di appuntamento fisso con Cisco e la sua mansarda, dalla quale eseguiva ogni volta qualche canzone sua o di altri artisti in modalità voce e chitarra, così da rendere meno vuote quelle giornate tanto lunghe da far passare. Ora quell’hastag è diventato un disco – per di più doppio! – intitolato per l’appunto Canzoni dalla soffitta: composto da dodici brani inediti e altrettanti rifacimenti acustici in “stile soffitta”, il nuovo lavoro di Stefano “Cisco” Bellotti è nato dall’ennesima fortunata campagna di crowdfunding e segna il ritorno dell’artista emiliano alle radici più folk e intimistiche della sua musica. Naturalmente il nuovo album di Cisco non è un concept album sulla pandemia, bensì un lavoro che, prendendo spunto da una destabilizzante situazione di chiusura forzata e di distanziamento fra le persone, vuole raccontare proprio noi stessi e il nuovo equilibrio instaurato con gli altri. Canzoni dalla soffitta è in buona parte la fotografia di questi ultimi due anni: un disco che parte dal lockdown per poi allargarsi di canzone in canzone al rapporto con le nuove generazioni e con gli amici di sempre, abbracciando una carriera ormai trentennale fatta di tantissimi incontri ed esperienze uniche lungo la strada, un insieme di storie ascoltate e riportate a casa come sempre anche in queste nuove composizioni.
Dall’esperienza logorante della pandemia arrivano le prime tre tracce del disco, due delle quali già anticipate come singoli nei mesi precedenti alla pubblicazione dell’album: Baci e abbracci, cantata in duetto con Simone Cristicchi, rappresenta la speranza di tornare a far festa ed abbracciarsi appena passata l’emergenza sanitaria (“Andrà a finire così, a baci e abbracci / gente distesa nuda lungo i fossi / e brinderemo per un mese intero, almeno è quello che spero / Finirà tutto a baci e abbracci / bicchieri in alto e poi canzoni a pacchi / e suoneremo per un mese intero, almeno è quello che spero…”); Andrà tutto bene, prodotta da Phil Manzanera e arrangiata con il contributo della Solidarity Express Band di Dan Chiorboli, segue sulla stessa linea di pensiero la precedente e riprende il motto appeso a tanti balconi durante il primo lockdown (“Andrà tutto bene, ritorneremo a abbracciarci, suonare e ballare insieme / andrà tutto bene, ritorneremo a baciarci e ad amarci e staremo insieme…”); completa il primo terzetto di canzoni La finestra sul cortile, un bozzetto in chiave ironica scritto con l’amico ed ex collega Giovanni Rubbiani che, prendendo spunto dal titolo del celeberrimo film di Alfred Hitchcock, racconta in maniera scanzonata alcune delle attività domestiche più comuni svolte dai vicini di casa e osservate dalla finestra di un palazzo da parte di un qualsiasi inquilino durante le giornate di forzato confinamento (“Ah è tutto molto strano, ah scorre la vita dal divano… / Perché non sono mica pazzo, è che non c’ho da fare un cazzo / sono rinchiuso dentro casa da sue mese con solo un libro e due siamesi… / Perché nono sono mica pazzo, è che non c’ho da fare un cazzo / e sono qui che sto parlando con il frigo che adesso è il mio migliore amico…”).
Dai tre brani strettamente legati al lockdown e alle vite dei singoli rinchiuse dentro quattro mura (Baci e abbracci, Andrà tutto bene e La finestra sul cortile), il discorso cantato da Cisco si allarga scomodando prima la leggenda sempre in bilico tra sacro e profano della creazione del mondo con Vox Dei e il suo invito a rimettere al centro di tutto le persone (“Ma più che agli Dei toccava all’uomo provare a recuperare il dono / vita piena di cose da fare che val la pena di tentare…”), poi ponendo l’attenzione verso le future generazioni che ancora devono crescere e vedere il mondo grazie a due canzoni molto diverse fra loro: Leonard Nimoy prende a metafora il mitico comandante Spock di Star Trek per consigliare ai più giovani di fare pure di testa propria ma di tenere sempre “le orecchie alte, Leonard Nimoy, perché il costume lo hanno sia i pagliacci che gli eroi”, mentre in Cosa lasciamo emerge il lato più paterno di Cisco, che supportato da un coro di bambini traccia un bilancio tra quello che abbiamo ricevuto e quello che lasciamo a chi verrà dopo di noi (“Passo a loro le cose più importanti, tutte le storie con cui sono cresciuto / libri, fumetti, racconti partigiani / e ogni tanto qualche calcio in culo…”). Il disco procede e cresce di intensità ricordando prima con tutto l’affetto possibile uno dei tanti amici persi lungo la strada (Lucho, splendida canzone dedicata allo scrittore cileno Luis Sepulveda), poi celebrando i primi trent’anni di carriera musicale di Cisco (Riportando tutto a casa, un vero colpo al cuore in salsa irlandese che non necessita di molte altre spiegazioni per chi ha amato la musica dei Modena City Ramblers e di Cisco), quindi cantando le proprie radici (Il mio posto, una ballata notturna prettamente gucciniana che racconta l’eterno rapporto di amore e odio con il proprio paese di origine) e infine riportando alla luce brutte storie e misteri italiani mai chiariti fino in fondo (Per sempre giovani, il vero capolavoro dell’album, dedicata alla strage quasi dimenticata degli studenti dell’istituto Salvemini di Casalecchio di Reno avvenuta nel 1990). Per chiudere il primo disco, due riadattamenti in italiano di altrettanti brani stranieri, che anticipano e legano il primo capitolo di Canzoni dalla soffitta con il secondo denominato Live dalla soffitta: The ghost of Tom Joad di Bruce Springsteen diventa Il fantasma di Tom Joad grazie alla riuscitissima collaborazione con il cantautore Luca Taddia che ha tradotto e adattato in italiano uno dei testi più profondi in assoluto del Boss, mentre Dead flowers dei Rolling Stones acquisisce tinte più folk e si trasforma nell’altrettanto ottima Fiori morti.
Fra le canzoni inedite del nuovo album di Cisco, entrano di diritto nella lista dei capolavori imperdibili almeno quattro brani che meritano una menzione a parte: Per sempre giovani, Lucho e Il mio posto, oltre naturalmente a Riportando tutto a casa.
Per sempre giovani è un capolavoro totale di scrittura ed è uno di quei pezzi in cui la canzone si mette a servizio di una storia, diventando cronaca e memoria allo stesso tempo; una canzone non soltanto bella da mettere i brividi, ma utile e necessaria per raccontare un episodio tristemente dimenticato della nostra storia recente. La vicenda narrata è quella del disastro avvenuto la mattina del 6 dicembre 1990 all’istituto tecnico commerciale “Gaetano Salvemini” di Casalecchio di Reno, quando un aereo dell’aeronautica militare italiana in avaria e abbandonato dal pilota si schiantò contro la scuola bolognese, provocando dodici vittime tra gli studenti di una seconda classe superiore. Cisco racconta la storia dal punto di vista di uno studente di sedici anni, mettendo a fuoco perfettamente tutte le sensazioni, le paure e i sentimenti tipici di quell’età: quello che ne esce è una canzone che tocca le corde più profonde dell’anima, che commuove e fa immedesimare nei protagonisti innocenti ed inermi dell’ennesima strage italiana senza colpevoli accertati, al di là che si conoscano o meno gli eventi che vengono cantati: “Poi d’improvviso il sole scomparve / non sentiremo la campanella suonare / neppure un attimo per salutarsi / colpiti alle spalle, senza voltarsi… / Ma il nostro tempo finisce qui / alle 10.30 di un giovedì / e non vedremo più il nostro domani / per sempre giovani, per sempre uguali…”.
Lucho è invece un ricordo commosso dello scrittore Luis Sepulveda, mancato lo scorso anno e da parecchi anni amico di Cisco e dei Modena City Ramblers; la canzone arriva dritta in faccia e colpisce per la sua vena malinconica ma anche piena d’amore, riconoscenza e ammirazione per un intellettuale e un amico mancato troppo presto: “Di gatti e gabbianelle, di banditi e cacciatori / di anarchici spagnoli, di toreri e viaggiatori / di navi e marinai e canti di balene / di treni lanciati a forza su binari senza storia… / Giorni di grida, di brividi e di spari / giorni crudeli di soldati e generali / notti vigliacche di botte e di torture / gente sparita, notti di paure… / Continua Lucho, continua a raccontare / che il mondo è dei potenti e a noi tocca lottare / Cammina Lucho sotto il cielo australe, continua a camminare che c’è tanta strada da fare…”.
Il mio posto infine è una piccola elegia sui luoghi delle proprie origini, un tributo alle proprie radici e alla propria terra, una sorta di Piccola città rivisitata o una delle tante Canzoni di notte da sempre care al Vate di Pavana; in ogni caso è il pezzo più intrinsecamente gucciniano del lotto per stile e costruzione, una piccola geografia della memoria piena di odio e amore per il paese in cui si è cresciuti e dal quale non ci si è mai allontanati troppo, il tutto arricchito da una chitarra acustica perfetta e da Massimo Giuntini che supporta alla perfezione con i suoi strumenti la voce di Cisco, pronta a scandire e cullare ogni singola parola mai fuori posto né scelta a caso: “Il mio paese offre un banchetto ai suoi pazzi / perché i ribelli cercan sempre di scappare / e noi che abbiamo sogni grandi e occhi bassi / ci diranno che la lotta è da evitare / c’è un quartiere dove il sole batte sempre troppo poco / e i ragazzi per le strade sono me vent’anni dopo / in cui ho dimenticato le regole del gioco / ma so che questo è ancora il mio posto…”.
A proposito di capolavori, una menzione speciale tocca infine per Riportando tutto a casa, brano che già dal titolo rimanda al primo storico album dei Modena City Ramblers e che vede giustappunto la collaborazione con Franco D’Aniello ai flauti. La canzone, scritta da chi ha “visto il mondo e riportato tutto a casa”, è un tributo ai trent’anni di storia personale di Cisco e collettiva di tutti noi che abbiamo incrociato lui e i Modena sul nostro percorso… e su quei ritmi così irish è inutile fingere di non emozionarsi, sognando di trovarsi da qualche parte fra Carpi e San Francisco: “E ancora oggi sono qua, tra Spotify e un vecchio disco / tra una festa di paese, tra i Pogues ed il liscio / da qualche parte tra Carpi e San Francisco… / E ancora oggi sono qua, tra una pinta ed il lambrusco / fra il tanto, il poco, la roccia e il muschio / sulla strada di un sogno e il posto giusto…”.
Come già anticipato, accanto agli inediti non potevano mancare le “vere” canzoni dalla soffitta, registrate in presa diretta nel secondo disco intitolato Live dalla soffitta, ma sempre in veste acustica così come Cisco le aveva eseguite dalla sua mansarda. Fra questi brani, dal repertorio Ramblers sono state ripescate le storiche La grande famiglia, La legge giusta, L’unica superstite e La strada, mentre da quello solista di Cisco arrivano Bianca e Diamanti e carbone. Tra le cover di altri artisti spiccano Manifesto della Bandabardò dedicata al compianto Erriquez, la sempre emozionante La pianura dei sette fratelli dei Gang, Pioggia nera già scritta e cantata da Cisco con la Casa del Vento per il loro album congiunto intitolato Novecento, Ovunque proteggi di Vinicio Capossela e By this river di Brain Eno. Infine, c’è spazio anche per la notevole Aquile randagie, brano inedito dedicato a un episodio di scoutismo e Resistenza scritto un paio d’anni fa da Cisco come colonna sonora per l’omonimo film, ma che non aveva ancora trovato posto su nessun supporto fisico.
Canzoni dalla soffitta di Cisco è un album che colpisce ed emoziona, suonato e cantato in punta di piedi ma con una forza che arriva dritta al cuore: canzoni belle perché utili e necessarie per descrivere il nostro tempo e questi anni strani, incerti e confinati chi in soffitta e chi in salotto; canzoni figlie di questo tempo sospeso e indefinito, come uno stand-by prolungato che speriamo possa interrompersi definitivamente al più presto con una sonora cantata collettiva piena di baci e abbracci, pinte di birra e di lambrusco, ritrovandoci tutti sulla strada di un sogno, da qualche parte fra Carpi e San Francisco.
Matteo Manente