Lo avevamo lasciato un paio d’anni fa tra Fogli sparsi e una manciata di nuove canzoni che avevano manifestato l’urgenza di uscire prima di un nuovo lavoro completo in studio. Lo ritroviamo oggi con Aspettando qualcosa, un secondo EP composto da sei brani inediti e magnificamente acustici, un piccolo antipasto rispetto al nuovo disco full band che, a detta dell’autore, dovrebbe arrivare nei prossimi mesi. Dopo tre ottimi dischi alle spalle (Il lato sbagliato della strada, Storie della fine di un’estate, Demoni) e il già citato EP (Fogli sparsi), Carlo Ozzella conferma con queste nuove composizioni di essere uno dei migliori songwriter rock in circolazione, uno che ha assorbito pienamente la lezione tanto dei cantautori italiani (più De Gregori e Priviero che Guccini o De André) quanto quella del rock and roll (Springsteen su tutti, senza tralasciare le nuove leve come Brian Fallon dei Gaslight Anthem o gli Oasis), il tutto declinato secondo una propria spiccata personalità e un vissuto tutto da raccontare in forma di canzone.
Come ha affermato il cantautore milanese, “le canzoni di Aspettando qualcosa sono nate così. A tarda sera, nel silenzio e nella penombra. Strappando ogni parola al vuoto e alla notte intorno. Canzoni di buio e di luci”. Effettivamente, anche a giudicare dalla copertina del disco, non può esserci descrizione migliore per queste nuove tracce: tematicamente l’ultimo EP di Ozzella non si discosta molto dai suoi lavori più recenti, rimanendo ancora in bilico fra antichi fantasmi, nuove promesse d’amore e tante piccole storie di un vissuto personale che, nell’ombra di una stanza e al caldo di una chitarra acustica, trovano la via per universalizzarsi e risultare credibili anche per le esistenze di chiunque altro abbia voglia di ascoltarle, facendosi cullare su quel confine che Battiato avrebbe definito brillantemente come “l’ombra della luce”.
L’effetto inconfondibile di una e-bow, unito al calore di una chitarra acustica, conferisce un’atmosfera unica ed onirica alla splendida La pioggia col sole, un invito a non sprecare le occasioni che si hanno a disposizione e ad agire in prima persona, così da evitare il rischio di vivere poi fra rimpianti e rimorsi, fagocitati dall’ombra di un inganno come quello del sole che spunta proprio mentre piove: “Ma se davvero tu fossi qui accanto, se tu fossi qui sempre, se non dovessimo accontentarci dei ricordi dispersi tra le ombre, ma se possiamo vivere una vita soltanto cosa stiamo aspettando a fare un passo, com’è che siamo soli e quasi sembra normale, proprio come l’inganno della pioggia col sole…”. A qualunque costo è una dichiarazione d’amore e di fiducia in piena regola, una ballata che musicalmente deve qualcosa alla mitica Drive all night di Springsteen, sostituendo al pianoforte un impasto di chitarre acustiche ed elettriche che regalano un ritmo e un colore particolare. Nonostante le difficoltà e gli imprevisti della vita, dice il protagonista, alla fine di tutto sceglierei ancora la persona che amo da sempre: “Questo è quel che rimane, forse l’ultima occasione per noi, facce stanche, regali da scartare, ma a qualunque costo voglio scegliere te, qualunque cosa accada voglio scegliere te…”. Anche A proposito dei sogni tuoi è un brano perfettamente in bilico tra nostalgia e speranza, con la chitarra acustica in primo piano e il pianoforte a fare da contrappunto per dar voce alla malinconia di un amore lontano o al ricordo di un’amicizia profonda, alle emozioni vissute in un tempo che ormai è passato e torna di tanto in tanto a bussare alla porta della memoria: “Nemmeno la pioggia poteva fermarci, se fitta scendeva sui vetri d’estate, avrò cura di te, dicevi ridendo, se poi sarà tardi avrai sempre un ricordo che troverai tra i battiti dovunque andrai, ricordati di non cambiare idea a proposito dei sogni tuoi…”. Influenze più british e direttamente legate agli amati Oasis colorano la successiva Prima o poi, con il pianoforte a scandire i tempi e la melodia per una storia che racconta di amori sofferti, di scelte dolorose e lontananze che non passano mai: “Se lontani non si è mai abbastanza, di te non riesco a stare senza… Puoi contare i giorni ma non basterà, cicatrici e sonno ma non basterà, puoi cambiare strada ma non cambierai ogni scelta che non fai…”. L’ombra dei fratelli Gallagher pervade anche La fine della notte, che ancora una volta racconta dei rimpianti vissuti per un amore perso per strada e dell’idea che la fine della notte cancelli tutto e faccia dimenticare la persona tanto desiderata: “E avrei voluto poi che almeno in parte tu scegliessi me, ma non importa ormai, non ho più niente da raggiungere, è triste andare via, percorrere una strada fino a che la fine della notte mi porterà a dimenticare te…”. A chiudere questo mini-album ci pensa la title-track Aspettando qualcosa, un ritratto in bianco e nero sullo scorrere del tempo mentre aspettiamo speranzosi un evento o una persona, una relazione o qualsiasi altra cosa desideriamo; un canto fra luce e ombra, un percorso fra paure e dubbi che sono alla base della vita di ciascuno di noi: “Ma se cerchi una mano e poi trovi la mia, sai che cosa ti manca, che cosa mi manca? Che una luce si accenda e la notte svanisca, siamo sempre in attesa di una strada in discesa sulla rotta di casa, aspettando qualcosa, che un segreto ci porti a guardarci negli occhi lontano dai giorni peggiori e non sia troppo tardi, non sia troppo tardi…”.
Sei canzoni non fanno di certo un disco intero, ma come già successo per i brani contenuti nel precedente Fogli sparsi, danno bene l’idea della musica che gira in testa a Carlo Ozzella: con Aspettando qualcosa il cantautore milanese si conferma uno dei più interessanti artisti sulla scena della musica d’autore italiana, capace di fondere al meglio la tradizione cantautorale italiana ed internazionale, anche in una veste squisitamente acustica come nel caso di quest’ultimo EP. Ora, prendendo alla lettera il titolo del breve ma sempre ottimo lavoro di Carlo Ozzella, anche a noi non rimane altro che aspettare qualcosa… ad esempio il suo nuovo disco di inediti!
Matteo Manente