RADIO FLÂNEUR – “US+THEM” di Roger Waters:
doppio cd e dvd per l’ultimo e maestoso tour dell’ex Pink Floyd

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Impegno. Empatia. Commozione. Sono le prime tre parole che mi vengono in mente per descrivere Us+Them, il nuovo doppio live di Roger Waters, frutto dell’ultima e fortunatissima tournée mondiale tenuta dall’ex bassista e mente creativa dei Pink Floyd. Il disco, che arriva a oltre due anni da quei concerti memorabili, è stato registrato allo Ziggodome di Amsterdam e raccoglie quasi per intero la scaletta proposta in quello show, fatta eccezione per le conclusive Mother e Comfortably numb (quest’ultima è presente come bonus track, ma solo nella versione in dvd).

Impegno: è noto quello civile, sociale e politico di Roger Waters, da sempre schierato in difesa dei popoli più deboli e oppressi; nette in questi ultimi anni sono state le sue prese di posizione nei confronti della popolazione palestinese o siriana. Già il titolo Us+Them scelto per il tour era esemplificativo degli inevitabili richiami e rimandi all’attualità da parte dell’ex Pink Floyd: nella scaletta – e di conseguenza nel doppio cd e nel dvd che ne sono la riproduzione quasi integrale – non mancano infatti canzoni dai forti accenti politici e sociali, come le storiche Money o Time dal celeberrimo The dark side of the moon, Welcome to the machine dall’intramontabile Wish you were here, il trittico The happiest days of our lives, Another brick in the wall Part2 e Another brick in the wall Part3 dal mastodontico The Wall, ma soprattutto le strepitose e infinite Dogs e Pigs dal più che mai attuale Animals. Per quanto riguarda gli episodi più recenti del Waters solista, figurano le pregevoli e sempre emozionanti Deja vù, The last refugee e Picture that, tratte dall’ultima fatica pubblicata dal bassista inglese intitolata Is this the life we really want? (qui la recensione del disco uscito nel 2017).  

Empatia: vedendo il dvd emerge chiaramente la totale immedesimazione fra pubblico e artista, con ragazzi e ragazze che in più riprese si commuovono, urlano, gridano e piangono nel sentire e cantare molti dei pezzi più famosi proposti da Waters. Viceversa, è lo stesso bassista che più volte gesticola e carica a sua volta il pubblico in ascolto, in un continuo “call and response” che aumenta il tasso di partecipazione emotiva dei presenti, i quali diventano a tutti gli effetti protagonisti attivi dello show. In questo senso sono esemplificativi i passaggi della storica e spigolosa One of these days, di The great gig in the sky o di Speak to me e Breathe posti in apertura del concerto; allo stesso modo, è palpabile l’entusiasmo dei fans quando verso la conclusione, durante Brain damage ed Eclipse, i raggi laser ricostruiscono in sala il prisma che campeggia sulla copertina dell’iconico The dark side of the moon, mandando letteralmente in visibilio tutti quanti con un finale di concerto clamoroso (al quale però, per essere pignoli, manca il colpo del k.o. definitivo inferto da Waters con Mother e Comfortably numb… ma forse con anche questi due gioielli le coronare non avrebbero retto!)

Commozione: si lega direttamente al discorso dell’empatia, anzi, né la naturale conseguenza, oltre che l’unico risultato possibile per chi ha a che fare con questo nuovo disco dal vivo. Per ogni spettatore che come il sottoscritto ha avuto la fortuna di assistere a questo spettacolo (qui la recensione della data di Milano), è impossibile non provare dei brividi a più riprese rivedendo le immagini o risentendo gli audio un concerto che è stato molto più che una semplice esibizione dal vivo. Wish you were here e Us & Them regalano sempre una gran botta al cuore, così come fa un certo effetto rivedere i ragazzi incappucciati nelle tute arancioni durante Another brick in the wall o il maialino Algie che vola sulle teste degli spettatori mentre vengono suonati i brani tratti da Animals, con la Battersea Powr Station di Londra e le sue ciminiere che si materializzano dal nulla in mezzo alla platea, mentre gli schermi rilanciano immagini di Trump e dei suoi sodali che non a caso vengono associati ai Pigs dell’omonima canzone.

Us+Them di Roger Waters è stato all’epoca dei concerti un viaggio straordinario e sbalorditivo per effetti speciali e canzoni ad altissima intensità, una commistione perfetta tra musica di eccezionale qualità e contenuti visivi potenti e ad effetto, con le immagini dei bombardamenti o di altri fatti legati all’attualità politico-sociale del mondo che dai megaschermi alle spalle dei musicisti riflettevano ed esaltavano il significato dei brani che Waters stava proponendo sul palco.

 La sensazione finale che rimane in bocca, nella testa e nel cuore dopo l’ascolto-visione di questo documento di arte sopraffina è che probabilmente ce la faremo, nonostante tutto, ma con alcune riserve che restano lì penzolanti sulle nostre teste: “There’s someone in my head, but it’s not me”, come canta Roger verso la fine del concerto. Quelli che stiamo vivendo e attraversando sono tempi incerti, difficili, a tratti rabbiosi e senza dubbio confusi: quel “noi e loro” cantato dai Pink Floyd nel 1973 deve trovare per forza un punto di unione e di contatto, trasformandosi in “noi più loro” come suggerisce questo nuovo doppio album di Roger Waters e non diventare una separazione sempre più netta fra due fazioni contrapposte e divise come tanti vorrebbero che fosse. Pertanto l’incitamento a resistere, quel “RESIST!” che campeggiava a caratteri cubitali al termine di Another brick in the wall vale oggi ancora più che due anni fa, visti gli effetti scatenati dalla pandemia mondiale del Coronavirus e da tutti gli altri problemi globali che non si son certo risolti da soli. Nel frattempo, in attesa di cambiamenti che ancora non si vedono all’orizzonte, teniamoci stretti l’impegno, l’empatia e la commozione che scaturiscono ancora una volta dall’arte, dal genio creativo e dall’instancabile forza comunicativa di Roger Waters e dal suo – ma adesso finalmente anche un po’ nostro – Us+Them!

Matteo Manente

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