LECCO – Come ogni tradizione che si rispetti, non possiamo e non vogliamo esimerci dal più classico degli esercizi in voga alla fine di ogni anno: tentare di tracciare un bilancio relativo agli album ascoltati con maggior piacere durante questo 2016 che sta per finire. Nonostante sia praticamente impossibile stabilire con certezza il “miglior disco dell’anno”, proviamo comunque a fare questo viaggio tra le uscite più interessanti del 2016, previe un paio di precisazioni: quelli che compariranno saranno prevalentemente gli album ascoltati di persona (quindi non necessariamente tutti quelli pubblicati nell’anno), suddivisi per comodità tra dischi in studio di artisti italiani e internazionali, album live e raccolte o box celebrativi.
DISCHI IN STUDIO
Partendo dagli artisti italiani – quelli “made in Italy”, per citare il nuovo e personalmente non esaltante disco di Ligabue – tra le cose da conservare gelosamente negli anni a venire ci sono senza dubbio Niccolò Fabi con il suo Una somma di piccole cose e il collega-amico Daniele Silvestri, autore di quel capolavoro intitolato Acrobati. Un disco, quello di Silvestri, probabilmente fin troppo denso di note e di parole, ricco di sperimentazioni, di collaborazioni e di spunti musicali trasformati in eccellenti canzoni (La mia casa, Quali alibi, Acrobati, La guerra del sale o Monolocale). Per Fabi invece si tratta di un album cantautorale come mai aveva fatto prima; un disco intimo, acustico e strepitoso per schiettezza e capacità di commuovere in profondità l’ascoltatore: nove pezzi scarni ed essenziali, che lasciano il segno come la title track Una somma di piccole cose, Facciamo finta, Ha perso la città, Non vale più e la dolcissima Una mano sugli occhi.
Non da meno hanno fatto gli Afterhours i quali, complici un rinnovamento di formazione, hanno realizzato il doppio Folfiri o Folfox, un disco duro e cupo, che affronta di petto e senza esclusione di colpi il tema del tumore, della malattia e della morte delle persone più care: partendo da un lutto che ha colpito il leader Manuel Agnelli (Grande, La giacca di mio padre, Non voglio ritrovare il tuo nome, Ti cambia il sapore), l’album è un percorso a tappe che parla e racconta la rabbia di chi è riuscito a reagire, elaborare e infine sopravvivere a quel dolore (Oggi, Né pani né pesci, Se io fossi il giudice).
Restando in ambito rock, il 2016 è stato l’anno del ritorno in grandissimo stile dei Litfiba di Piero Pelù e Ghigo Renzulli: la rock band fiorentina ha pubblicato Eutòpia, un album rock compatto e potente, che si avvicina ai grandi capolavori degli anni ’90 per stile e temi affrontati e che conclude l’ideale Trilogia degli Stati iniziata con i precedenti Stato Libero di Litfiba (2010) e Grande Nazione (2012). Tra i brani più riusciti spiccano Maria coraggio, Santi di periferia, Straniero, In nome di Dio, Intossicato e Eutòpia. Meno d’impatto invece – almeno per il sottoscritto – l’ultimo lavoro di Luciano Ligabue: il suo Made in Italy è un concept album che racconta la storia di Riko, un cinquantenne italiano investito dalla crisi che si trova ad affrontare diversi problemi personali e sociali nell’Italia dei giorni nostri. Molto curato e ricercato il sound voluto dal Liga, ma a parte qualche brano (su tutti La vita facile, Mi chiamano tutti Riko, E’ venerdì, non mi rompete i coglioni e L’occhio del ciclone), le canzoni fanno fatica a farsi ricordare dopo i primi ascolti.
Parlando di big star nazionali, anche Zucchero ha dato alle stampe nel 2016 il nuovo album Black cat (con relativa deluxe edition pre-natalizia), tipico album a cui ci ha abituato il cantante emiliano negli ultimi anni: un disco dai suoni e dalle tematiche consolidate, che tra qualche scivolone (Partigiano reggiano) e altrettante chicche (Voci, Ci si arrende e Hey Lord) si mantiene sempre a un discreto livello. Infine, in ambito italiano, si segnalano gli interessanti ritorni di Fiorella Mannoia con Combattente (nuovo disco di inediti dopo alcuni anni), Roberto Vecchioni con Canzoni per i figli (raccolta di brani dedicati ai figli scritti nel corso degli anni con annesso inedito, allegati alla riedizione del recente libro La vita che si ama), Vinicio Capossela con il doppio Canzone della cupa e l’accoppiata Mina-Celentano con l’album Le migliori.
Sul versante folk di casa nostra, brillano invece una piacevolissima sorpresa e un graditissimo ritorno: la sorpresa è quella dei Luf, che con Delaltèr. Verso un altro altrove hanno realizzato probabilmente il loro miglior disco di sempre (e ne hanno fatti tanti!). Si tratta di un concept album questo sì veramente centrato, dedicato a chi viaggia o è costretto a viaggiare, con più di un occhio di riguardo alla drammatica questione dei migranti: Lampecrucis o Ave Maria migrante meriterebbero il Premio Amnesty, ma non è questa la sede per parlarne; ad ogni modo, quello dei Luf è probabilmente il disco del 2016 con la maggior percentuale di attualità contenuta nelle sue canzoni, il che non guasta visti i tempi grami che viviamo (e che di conseguenza vive la canzone d’autore cosiddetta impegnata). Il grande e gradito ritorno a cui si accennava poco fa è invece quello di Cisco, Alberto Cottica e Giovanni Rubbiani, alias i Dinosauri: i tre ex Modena City Ramblers si sono ritrovati per produrre – insieme ai propri fans tramite il crowfunding – l’omonimo disco I Dinosauri: dieci tracce per voce, chitarra, fisarmonica e poco altro, dove emerge prepotente la voglia di raccontare i tempi e i cambiamenti con l’occhio adulto di chi in questi ultimi trent’anni ha saputo incarnare come pochi la coscienza critica delle nuove generazioni cresciute a pane, MCR e ipotetiche rivoluzioni (imperdibili i brani Cosa conta, Figurine, I Dinosauri, Le cose che porto con me e Tex). Infine, tra gli autori meno mainstream ma altrettanto validi, mi piace ricordare con immenso piacere Carlo Ozzella, che nel 2016 ha pubblicato l’ottimo Storie della fine di un’estate, seconda prova solista dalle tinte più folk e personali rispetto all’esordio squisitamente rock (e figlio di Springsteen) messo a segno tre anni fa con Il lato sbagliato della strada. Santi perdenti ed eroi, insieme a Niente e così sia, Ti bacio per tutta la vita, Alla fine del giorno, In una notte come questa e Viola valgono l’ascolto e l’acquisto del disco.
Venendo al campo internazionale, tra le migliori uscite del 2016 l’ipotetica palma andrebbe a mani basse ai Rolling Stones di Blue & lonesome, seguiti a una certa distanza dai Bon Jovi del nuovo This house is not for sale, un disco energico e ben realizzato, degno del sound più recente della rock band del New Jersey ormai orfana dello storico chitarrista Richie Sambora. Se i Bon Jovi dopo un paio di passi falsi nelle recenti produzioni hanno saputo proporre un disco molto compatto e godibile, chi non smette di stupire sono gli inossidabili Rolling Stones, tornati a modo loro sulle scene con il primo nuovo disco in studio dai tempi di A bigger bang del 2005: Blue & lonesome è un disco di cover del blues delle origini rivedute in salsa Stones, una piccola selezione di brani sui quali, a detta di Jagger e compagni, i Rolling Stones si sono fatti le ossa e formati prima di trasformarsi nella leggenda che sono diventati. Da ascoltare e godere, e basta… magari insieme al live registrato a L’Avana, di cui diremo più avanti.
Sound riconoscibile e sempre godibilissimo anche quello di Tom Petty, per l’occasione accompagnato dagli antichi compagni di viaggio dei Mudcrutch: l’heartland rock del cantautore originario della Florida è ancora una volta alla base di Mudcrutch 2, seconda prova in studio per il gruppo che diede origine agli Heartbreakers e alla successiva carriera di Tom Petty. Giudicato da molti come uno degli album migliori e più affascinanti mai realizzati dai Radiohead, A moon shaped pool ha segnato invece il ritorno sulle scene del gruppo guidato da Thom Yorke, mentre di grande spessore risulta anche l’ultimo lavoro di Nick Cave and The Bad Seeds: Skeleton tree è un disco viscerale, drammatico e profondo, che conduce l’ascoltatore in un viaggio al buio tra gli abissi più profondi dell’animo umano. Degna di nota anche la prima prova solista di Steven Tyler, lontano dal suo gruppo di sempre: nel 2016 il frontman degli Aerosmith si è concesso la registrazione di We’re all somebody from somewhere, un album lontano dai clamori rock e più orientato a sfumature acustiche, tipiche del country di Nashville e dintorni: niente di eclatante, intendiamoci, ma a 68 anni Tyler non ha più niente da dimostrare a nessuno e può quindi concedersi il lusso di fare quel che vuole… e poi qualche bella canzone c’è pure nel lotto (Love is your name su tutte), quindi va bene così, in attesa di rivederlo in azione dal vivo con Joe Perry e soci. Infine, sempre nel 2016, sono usciti anche i nuovi – e purtroppo ultimi – lavori di Leonard Cohen (You want it darker) e David Bowie (Blackstar), due artisti di primissimo piano che per un cinico gioco del destino sono scomparsi durante un anno nefasto, nel quale anche altri musicisti hanno perso la vita, da Prince a Glenn Frey degli Eagles, passando per Keith Emerson e Greg Lake del noto trio prog Emerson, Lake & Palmer.
DISCHI DAL VIVO
Più ricca la situazione dei dischi dal vivo, che come si sa, in assenza di nuove idee, sono sempre degli ottimi riempitivi: eppure, come al solito, c’è modo e modo di produrre un album live. In ambito italiano questa differenza è ben rappresentata da La fortuna che abbiamo, prima prova live in venticinque anni di carriera per Samuele Bersani: nuovi arrangiamenti e una ricca parata di ospiti – da Caparezza a Carmen Consoli, da Pacifico a Luca Carboni – per impreziosire i successi più belli e importanti della sua discografia (tra i tanti non possono mancare Spaccacuore, En e Xanax, Giudizi universali, Chicco e Spillo, Lo scrutatore non votante e Sicuro precariato); sorprendente il fatto che anche se non siete fan accaniti di Bersani, scorrendo i titoli, oltre all’ottimo inedito che dà il titolo alla raccolta, vi ritroverete con un discreto tasso di stupore a canticchiare più canzoni di quelle che avreste pensato di conoscere in partenza! Sempre in terra italica, altri live interessanti sono stati Così sia. XXIV Tributo ad Augusto dei Nomadi (un doppio cd con inedito registrato a Novellara durante l’annuale raduno in memoria di Daolio), ma anche 9 Live&Live dei Negrita e il più recente Live in Roma di Battiato e Alice, registrato durante il tour congiunto portato in scena insieme all’Ensamble Symphony Orchestra nell’ultimo anno: una carrellata dei brani più famosi dei due cantanti, che in episodi come Prospettiva Nevski o Sentimento nuevo duettano insieme.
Si accennava prima dello storico live dei Rolling Stones a Cuba: cosa devo dirvi, che merita? Che è bello? Che loro sono sempre e comunque di un altro livello? Havana Moon – questo il titolo del doppio cd più dvd licenziato poche settimane prima del disco in studio – restituisce la fotografia limpida e nitida di un gruppo che sopra un palco sa ancora sprigionare un livello di energia incredibile, specie in relazione all’età anagrafica dei suoi componenti: avranno anche simpatie con il Diavolo, ma Jagger, Richards, Wood e Watts non sembrano accennare a un benché minimo cedimento… granitici! Sempre da oltreoceano arriva un altro live, anche se non così coinvolgente come le premesse potevano far sperare: Earth di Neil Young e dei Promise of the real è un insieme di brani legati al filone ecologista del songwriter canadese che però non scalda e convince fino in fondo; tanto era stato interessante The Monsanto Years registrato in studio l’anno scorso, tanto lascia una sensazione di incompiuto questo disco dal vivo… ed è un peccato, perché l’intesa tra Young e i giovani Promise of the real c’è e in certi brani si sente comunque.
Diverso il discorso per The Real Royal Albert Hall 1966 Concert, ennesimo live uscito dagli archivi infiniti di Bob Dylan. Fresco vincitore del Premio Nobel per la letteratura (con tutto il clamore e le discussioni che questa nomina ha suscitato), il menestrello di Duluth ha pubblicato a fine 2016 un doppio album (disponibile anche in cofanetto da 36 cd dal titolo The 1966 Live Recordings) con le registrazioni del concerto tenuto alla Royal Albert Hall di Londra nel 1966, anno di grazia dopo la svolta elettrica avvenuta con gli album Bringing it all back home, Highway 61 revisited e Blonde on blonde. Il live in questione è diviso in una parte acustica (Desolation row, Mr. Tambourine man, Vison of Johanna) e una sezione elettrica (Like a rolling stone, Ballad of a thin man, Just like Tom Thumb’s blues), esaltando così al meglio entrambe le anime del cantautore americano: disco molto godibile, anche se forse è più adatto agli estimatori e ai collezionisti di Dylan che a tutti gli altri. Sempre a proposito di concerti registrati dal vivo, una nota a parte la meritano gli official bootleg di Bruce Springsteen e della sua E Street Band: come noto, la scorsa estate il ciclone Bruce s’è abbattuto anche sull’Europa con le date del suo The River Tour 2016, lasciando sul campo e nei cuori di chi vi ha partecipato l’ennesima scia emozionale di concerti memorabili. Ebbene, da quest’anno, seguendo una strada praticata da altri molto tempo prima (penso ai Pearl Jam, ma non solo), l’entourage del Boss ha deciso di registrare tutti gli show e di commercializzarli a distanza di poco tempo: per chi ha avuto la fortuna di assistere anche solo a uno dei concerti di questo tour (Italia o Europa che sia), è vivamente consigliato l’acquisto di questi bootleg ufficiali, poiché danno la possibilità di rivivere con un’ottima qualità sonora le emozioni di quelle serate magiche e indimenticabili… solo per duri e puri!
BEST OF – GREATEST HITS – BOX SET
Per concludere, un accenno anche alle numerose raccolte e ai vari box set celebrativi di album o carriere che hanno tagliato traguardi importanti. A livello italiano, si segnala una doppia pubblicazione dei Nomadi: per la Warner è uscito in ottobre Gente come noi – 25th Anniversary Edition, un bel cofanetto con tre cd e un libretto fotografico che celebrano lo storico disco del 1991 – l’ultimo con Augusto Daolio e Dante Pergreffi assieme in studio – e la relativa tournée con il live tenuto al Teatro Smeraldo di Milano. Tutt’altro progetto invece è stato quello curato direttamente da Beppe Carletti, fondatore e unico membro originario del gruppo ancora in attività: complice il ritrovamento negli archivi della EMI di sette brani inediti registrati nei primi anni Settanta con Augusto Daolio alla voce, il tastierista dei Nomadi ha deciso di pubblicare un sontuoso e definitivo cofanetto, intitolato Nomadi 1965/1979. Diario di Augusto e Beppe. Insieme a un bel libro fotografico, gli otto dischi della confezione deluxe ripercorrono tutte le tappe più importanti dei primi 15 anni di attività della band emiliana: le prime cover degli anni Sessanta (Come potete giudicar, Ho difeso il mio amore, Un figlio dei fiori, Ala bianca), le iniziali e decisive collaborazioni con Guccini (Dio è morto, Noi non ci saremo, Per fare un uomo, Canzone per un’amica e tutto Album concerto del 1979), i successi clamorosi degli anni Settanta (Io vagabondo, Un pugno di sabbia, Tutto a posto, Un giorno insieme, Voglio ridere), le versioni alternative e le rarità meno conosciute del loro repertorio (Uno sbaglio, Il confine, La voglia di posare, Immagini, Naracauli, Un po’ di me) e infine i sette inediti ritrovati, tra cui spiccano Uomo di sole, Amore grande mio e Vento caldo.
Di celebrazione in celebrazione, segnaliamo anche i cofanetti VascoNonStop di Vasco Rossi (mega best of in varie edizioni con cd, lp e altre diavolerie a cui si aggiungono 4 inediti), Contemporaneo di Ivano Fossati (raccolta cronologica del cantautore ligure con qualche registrazione inedita), Chapter and verse di Bruce Springsteen (raccolta di brani famosi con 5 rarità degli esordi, funzionale alla lettura dell’autobiografia Born to run) e il recente Out of Time. 25th Anniversary dei R.E.M., un doveroso tributo al disco che più di tutti gli altri consacrò 25 anni fa Michael Stipe e compagni nel mainstream del rock americano.
In attesa di vedere – ma soprattutto ascoltare! – quello che di nuovo ci porterà il 2017 ormai alle porte, questi sono i dischi che hanno colpito maggiormente la mia attenzione nel 2016, non per forza in ordine di preferenza: l’ho detto all’inizio, non riesco a fare classifiche definitive, ma se mi puntassero la fatidica pistola alla tempia, il mio Top Album 2016 sarebbe con ogni probabilità Una somma di piccole cose di Niccolò Fabi.
Buona Musica e Buon Anno a tutti i lettori di Radio Flâneur!
Matteo Manente