“Shahrazād”: “Un gomitolo aggrovigliato è il mio cuore. Vita di Etty Hillesum”

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Può un libro restituire una vita? Un gomitolo aggrovigliato è il mio cuore di Edgarda Ferri ci riesce: Esther Hillesum, giovane olandese di origini ebraiche, viene raccontata nella forma del diario attraverso fotografie della sua vita, che la ritraggono bambina e poi giovane donna. L’autrice, che ha aperto sabato 2o gennaio a Casatenovo la decima edizione dei Percorsi nella Memoria del Consorzio Brianteo Villa Greppi, confida: «ho voluto scrivere di Etty per conoscerla meglio. Più cose scoprivo, più mi avvicinavo a lei, più sentivo un senso di responsabilità nei suoi confronti: il libro doveva essere un buon libro non per me, non per i lettori, ma per lei. L’ho ritratta così com’era: una donna forte e umana, viva».

Edgarda Ferri ai "Percorsi nella Memoria"

Edgarda Ferri ai “Percorsi nella Memoria”

Un gomitolo aggrovigliato è il mio cuore, infatti, non è la biografia di Etty Hillesum, è Etty Hillesum stessa, lei, viva. La maggiore di tre fratelli, figlia di un professore di lettere classiche perso nei suoi studi e di una donna russa fuggita da un pogrom russo, Etty ha un animo tumultuoso e un temperamento che la porta a vivere tutto molto intensamente:  versa «“secchiate di lacrime”» per l’ossessione di non essere compresa, vive «uno stato perenne di confusione e di caos» e ama le cose e le persone di un amore possessivo e violento, persino la natura, in cui si immerge «nella natura fino a sentirsene parte».

Il libro è la vita di Etty, la sua emotività, la sua evoluzione a contatto con se stessa e con la realtà dura dell’invasione nazista dell’Olanda del 1940, del ghetto, delle leggi razziali, dei rastrellamenti, dei campi di lavoro, delle deportazioni. Il lettore è dentro il racconto intimo di Etty e dentro, anche, il corso della Storia: cammina nella vita di Etty insieme a lei, un passo alla volta; sente nascere il lei la compassione e l’amore per la vita che va oltre l’odio; assiste con lei «allo sbocciare di un’identità nuova che le procurava gioia, stupore». L’amore, da compulsione e attaccamento va via via allargandosi, si apre alle persone, al popolo ebraico di cui Etty fa parte, all’umanità intera e si smaterializza fino a diventare tutto in tutti: «Lo sentiva nell’aria che respirava, fra i lupini che fiorivano nella sabbia della brughiera, nelle parole che ripeteva agli altri, soprattutto a se sessa: “Dobbiamo cercare di difendere fino alla morte quel pezzettino di eternità che ciascuno porta dentro di sé”».

È come se l’amore che Etty sperimenta crescesse in modo direttamente proporzionale all’odio dell’antisemitismo, all’odio tra gli stessi ebrei. Alla follia genocida che raggiunge il suo apice nei campi di concentramento, a cui Etty non vuole sottrarsi: « “[…]io non voglio per così dire stare al sicuro. Non voglio essere una foglia malata e avvizzita che si stacca dal tronco della comunità. Ovunque mi trovi, voglio capire quello che sta capitando”».

gomitolo aggrovigliato1Edgarda Ferri conduce il lettore nella vita di Etty Hillesum attraverso i suoi propri pensieri, riportando stralci dei suoi Diari (pubblicati per Adelphi ne 1985, Diario 1941-1943) tra virgolette. Per la sua portata intima ed emozionale, il libro può costituire un filo rosso per la lettura dei Diari come un approfondimento della figura di Etty Hillesum dopo la lettura degli stessi. «Ho voluto parlare della vita di Etty Hillesum, non della sua morte. In molti l’hanno definita una martire: secondo me, lei è martire esattamente come i 6 milioni di ebrei, zingari, omosessuali, prigionieri politici che hanno perso la vita nei campi di concentramento. Ciò che ha fatto in vita la rende speciale».

Etty diventa vicina al lettore, amica, perché condivide debolezze e complessità, passioni, forza inaspettata e angoscia e fragilità. Un gomitolo aggrovigliato è il mio cuore. Vita di Etty Hillesum è la storia vera di una donna vera, che ha vissuto senza risparmiarsi per l’amore, per la vita stessa, per la testimonianza, per il futuro. Il finale del libro apre alla speranza, con la partenza di Etty per Auschwitz e con il suo saluto ancora incredibilmente vivo: «Abbiamo lasciato il campo cantando».

Claudia Farina

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L'autore di questo articolo

Claudia Farina

È la più piccola dei flâneurs, con una chioma ribelle e un sacco di sogni. Fin da bambina innamorata del racconto e delle parole, saltella tra una storia e l’altra, tra la pagina e la vita. Laureata in Lettere Moderne, è alla ricerca costante di nuove ispirazioni e di luoghi dove imparare. La tesi sulla narrazione nella musica di Wagner è stata un colpo di testa (e un colpo di fulmine!). Suona il clarinetto da (un po’ meno di) sempre, ama la musica, l’amicizia quella vera, la natura, lo stupore e la Bolivia, che porta nel cuore. Crede negli incontri che cambiano la vita e la rendono speciale, come quello con Il Flâneur! Pensa molto (forse, troppo). Le piace viaggiare e scoprire il mondo, fuori e dentro i libri. Nella scrittura si sente a casa ed è convinta che la cultura, passione ribelle, sia davvero in grado di cambiare il mondo.