“Shahrazād”: “Le assaggiatrici” di Rosella Postorino. In equilibrio tra realtà e finzione, la storia di chi assaggiava il cibo del Führer

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LECCO – «Fra le pareti bianche della mensa, quel giorno diventai un’assaggiatrice di Hitler». 1938. Rosa Sauer ha ventun anni, un viso tondo, folti capelli biondi. Vive a Berlino con i genitori: lavora come segretaria in un ufficio e sfoggia abiti eleganti e unici che sua madre cuce per lei.  1943, marzo: «”Alzati,Rosa”, mi chiamava. “Bombardano”». Dopo il padre, Rosa perde anche la madre, sotto le macerie. Si trasferisce dai suoceri nella Prussia orientale, mentre suo marito è al fronte, arruolato nella Wehrmacht, a combattere per una guerra in cui crede sempre meno. A Gross-Partsch, Rosa viene convocata per un lavoro particolare: mangiare. Lei e altre nove donne tre volte al giorno nella caserma di Krausendorf assaggeranno i piatti cucinati per il Führer prima che arrivino alla sua tavola.

Rosella Postorino compone un romanzo attorno a una storia vera, quella di Margot Wölk, giovane assaggiatrice di Hitler che custodì il suo segreto fino all’età di novantasei anni. «Quando ho letto la rivelazione di questa donna – racconta l’autrice – ho avuto l’impressione che la sua storia mi riguardasse e che, in qualche modo, riguardasse tutta l’umanità. Mi sono chiesta che cosa significasse rischiare la vita per il Führer, colui che rappresenta il male assoluto del Novecento».

Da questa curiosità nasce Le assaggiatrici, romanzo che propone una risposta possibile delineando la storia di un personaggio di finzione che prende le mosse dalla vita di una donna realmente esistita. L’autrice immagina i suoi pensieri, le sue reazioni, la sua paura di morire: «La paura entra tre volte al giorno, sempre senza bussare, si siede accanto a me, e se mi alzo mi segue, ormai mi fa quasi compagnia».

Un personaggio, quello della protagonista, che conquista il lettore per la sua umanità fatta di debolezze, di titubanze, di contraddizioni radicate fin dentro l’infanzia («in camera, io facevo l’inventario delle mie colpe e dei miei segreti, non avevo alcun rimorso»): con i suoi fantasmi, le sue paure nascoste, il suo amore inappagato, Rosa Sauer conquista il lettore e lo intrappola nella sua storia.

Alla credibilità della protagonista, l’autrice accosta una temporalità del racconto molto variegata: il risultato è un romanzo giocato su incastri temporali perfetti e su continui richiami alle vite dei personaggi. Più distante rispetto al tempo della voce narrante, infatti, il tempo della storia raccontata è un continuo andare e venire tra presente e passato, tra la quotidianità e i ricordi dell’infanzia e della giovinezza di Rosa: la madre troppo apprensiva e il padre ferroviere risolutamente anti-nazista, i sogni premonitori, l’amore per Gregor, la piccola Pauline, il fratello Franz emigrato in America, il suo lavoro, i suoi mutamenti.

Attraverso il personaggio di Rosa, che narra in prima persona, la Postorino guarda anche la società tedesca di quegli anni, riflette sul significato della dittatura («Che cosa permette agli esseri umani di vivere sotto una dittatura?»), entra nelle città ridotte a macerie e nei campi di sterminio, esce dai luoghi comuni per calarsi nella vita.

In trasparenza, emerge nuova e insolita la figura del Führer, diversa da quella riportata sui libri di storia proprio perché osservata dagli occhi, critici o adulatori, dei suoi connazionali e delle persone a lui più vicine: «Quel testone […]Se si fissa che è ingrassato, non riesco a fargli mangiare nulla», dice, ad esempio, il personaggio di Krümel, cuoco personale di Hitler nel libro.

“Le assaggiatrici” è un libro che sta riscuotendo grande interesse internazionale: uscito per Feltrinelli nel gennaio 2018, è già alla sua sesta edizione. Un romanzo ben costruito, in perfetto equilibrio tra la realtà e la finzione, la Storia e la vita; un intreccio di piani temporali dal finale inatteso, aperto e sorprendente.

Claudia Farina

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L'autore di questo articolo

Claudia Farina

È la più piccola dei flâneurs, con una chioma ribelle e un sacco di sogni. Fin da bambina innamorata del racconto e delle parole, saltella tra una storia e l’altra, tra la pagina e la vita. Laureata in Lettere Moderne, è alla ricerca costante di nuove ispirazioni e di luoghi dove imparare. La tesi sulla narrazione nella musica di Wagner è stata un colpo di testa (e un colpo di fulmine!). Suona il clarinetto da (un po’ meno di) sempre, ama la musica, l’amicizia quella vera, la natura, lo stupore e la Bolivia, che porta nel cuore. Crede negli incontri che cambiano la vita e la rendono speciale, come quello con Il Flâneur! Pensa molto (forse, troppo). Le piace viaggiare e scoprire il mondo, fuori e dentro i libri. Nella scrittura si sente a casa ed è convinta che la cultura, passione ribelle, sia davvero in grado di cambiare il mondo.