di Giuseppe Leone
“Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo?” si domandava Kafka. Sicuro, allora, che almeno lui avrebbe letto Missione segreta di Leonardo da Vinci. Da Alessandria d’Egitto a Teglio, il saggio edito nel 2014 dalla milanese “Io sono Edizioni”, che l’autore Riccardo Magnani ha presentato la sera del 6 ottobre nel centro culturale Fatebenefratelli di Valmadrera.
Davanti a un pubblico interessato e attento, Magnani ha parlato di un viaggio segreto che Leonardo, giovanissimo, scortato dai più alti dignitari del mondo mediceo di allora, avrebbe compiuto nel 1459, passando per Lecco, alla volta di Teglio in Valtellina, dove avrebbe portato con sé a Palazzo Besta “antiche e profonde verità sulla vita, su Dio e sull’uomo, compresa la partitura musicale delle sfere celesti, arrivate in Occidente per non essere perdute, per depositarle in un luogo sicuro e trasmetterle a chi avesse avuto le chiavi per leggerle”.
Una storia segreta, mai scritta, ma di cui sarebbero rimaste testimonianze nei dipinti di grandi artisti rinascimentali, come Benozzo Gozzoli, Sandro Botticelli, Piero della Francesca, il Ghirlandaio, Andrea Mantegna, il Pisanello e naturalmente lo stesso Leonardo, che Magnani svela attraverso un racconto ricco di richiami storici e suggestioni pittoriche.
Ne vien fuori un Rinascimento inedito, con confini cronologici differenti rispetto a quelli della tradizione; e non solo, anche con motivazioni e scopi che stridono apertamente con gli studi relativi a quel periodo. Da qui, il j’accuse di Magnani contro la storiografia ufficiale rea, secondo lui, di aver costruito a tavolino un Rinascimento non rispondente alla verità dei fatti, quali emergono, invece, da questa sua scrupolosa e approfondita analisi delle opere degli artisti citati.
Le loro tele gli fanno verificare che tra arte e storia molte cose non tornano. Non torna l’opinione che Leonardo avrebbe lasciato Firenze, nel 1482, per liberarsi di Botticelli: né l’idea che carte geografiche raffiguranti le Americhe abbiano cominciato a circolare solo dopo il 1492; e neppure tante altre informazioni forniteci dal Vasari.
E sempre riguardo a Leonardo, Magnani non si stanca di ripetere che la sua opera altro non sarebbe se non la relazione celata di quel viaggio e ogni suo dipinto un puntuale rimando a luoghi e circostanze legati a quel percorso: così gli sfondi della Gioconda che ritraggono la valle dell’Adda e i monti attorno a Lecco; così gli apostoli dell’Ultima cena in una scenografica esposizione che evoca il profilo crestato del Resegone; così la presenza di altri monti lecchesi non solo nelle tele di Leonardo ma anche di tanti altri artisti rinascimentali, per i quali, riprodurli, non doveva essere un mero esercizio di manierismo stilistico, ma un modo “per tramandare una sorta di mappa itinerante necessaria per raggiungere la Conoscenza”.
Una lectio magistralis, allora, questa di Riccardo Magnani, condotta con fluidità di eloquio, in due ore intense intervallate da letture di Franca Alessio, avvocato del foro lecchese; una presentazione tesa a mettere in discussione non solo la biografia di Leonardo o la nozione di Rinascimento, ma il significato stesso della parola storia, per lui, tutt’altro che espressione di ricerca scientifica e fonte di verità inoppugnabili.
Giuseppe Leone