#FlânerieNatalizia – I nostri consigli per le feste: il ciclo di Malaussène di Daniel Pennac. Tra i colori di Belleville, l’indimenticabile tribù di Benjamin

0

Casi da risolvere, una buona dose di sarcasmo e ironia, i colori di Belleville e, soprattutto, un perfetto mosaico di personaggi così ben costruiti da sentirne la mancanza. Se non avete mai incontrato sulla vostra strada la variopinta tribù Malaussène, le imminenti festività natalizie sono il momento giusto per fare la sua conoscenza: un ciclo di romanzi – sei gli storici più il recente e, per gli appassionati, forse un po’ destabilizzante Il caso Malaussène – ambientati nel colorato e multiculturale quartiere parigino di Belleville. Siamo a metà anni Ottanta quando lo scrittore francese Daniel Pennac comincia a dare forma a quello che sarà presto definito il ciclo di Malaussène: sette libri in tutto – Il paradiso degli orchi, La fata carabina, La prosivendola, Signor Malaussène, Ultime notizie dalla famiglia, La passione secondo Thérèse e Il caso Malaussène. Mi hanno mentito – pubblicati a partire dall’85 (tradotti in Italia dal ‘91) e in cui, tra assassinii, bombe e spietati serial killer, seguiamo le vicende di una famiglia non convenzionale di fratelli.

Innanzitutto c’è Benjamin, il capofamiglia che nel primo romanzo, Il paradiso degli orchi, si guadagna da vivere facendo il “capro espiatorio” in un grande magazzino della città. Lui, che durante il giorno mette in scena un copione già scritto di sfuriate del grande capo per indurre i clienti a ritirare i loro reclami, la sera si trasforma in un narratore di storie avvincenti, raccontate al vivace branco di fratelli minori di cui si occupa da tempo. Ed eccola, la ciurma: Clara, dolce sorella appassionata di fotografia e che nei suoi album raccoglie scatti di ogni angolo del quartiere; Thérèse, improbabile veggente che legge il futuro nei fondi di caffè turco; l’incontenibile, sboccato e piromane Jeremy; il Piccolo, per un po’ il più piccolo, appunto, di casa; Verdun, nuova sorellina nata ne La fata carabina e dal nome che evoca la celebre e tragica battaglia. E ancora, nella pellicola che scorre, l’altra sorella grande, Louna, le sfuggenti apparizioni de La mamma, l’amore per l’affascinante giornalista Zia Julia, il cane epilettico Julius, l’amico Thèo, i malavitosi Mo il Mossi e Simon il Cabila e una famiglia che si allarga sempre più con la nascita di È un angelo, Signor Malaussène e Maracuja. Nomi strambi per una tribù, come dicevamo, sicuramente variegata e memorabile, irrimediabilmente coinvolta, suo malgrado, nelle indagini del veterano commissario Rabdomant, che in un ufficio stile impero lavora per risolvere i delitti di sangue protagonisti, di volta in volta, di ciascun romanzo.

Intrecci da poliziesco, ironia, situazioni paradossali, descrizioni quasi caricaturali si tessono nei libri di un ciclo che ha gli odori e i rumori di una Belleville che è città nella città: quasi un villaggio, Belleville è brulicante approdo per esiliati da ogni parte del mondo, roccaforte di mescolanza, casa per un’umanità che Pennac ci descrive come strampalata e divertente. Una collina a sé, da cui scendere, come scrive l’autore, per raggiungere Parigi, quasi fosse in posizione più elevata, laboratorio per una coabitazione possibile. Lì, fuori da una Parigi perfetta, c’è l’imperfezione che è vitale, uno spazio quasi simbolico e utopistico che si anima di ristoranti, caffè, cinema realmente esistiti e in cui il profumo di cibi mediorientali si unisce al canto del muezzin, che dalla finestrella di una casa diroccata cerca, talvolta senza risultato, di richiamare alla preghiera la comunità musulmana.

Il nostro consiglio

Per Natale regalate il primo libro del ciclo: Il paradiso degli orchi, che nel titolo originale – Au Bonheur des Ogres – ci riporta alla mente l’Au Bonheur des Dames di Émile Zola e che ha per ambientazione proprio un grande magazzino che acceca con la sua luminosità e le sue promesse, paradiso degli acquisti e regno degli oggetti. Un negozio dalla luce che «rimbalza sugli specchi, gli ottoni, i vetri, i finti cristalli, scorre nei corridoi e impolvera l’anima. Tanta luce – così Pennac – non rischiara: inventa un mondo». Da qui, luogo di lavoro per il capro espiatorio Benjamin, si parte per l’avvincente viaggio in sette tappe.

 

 

 

Share.

L'autore di questo articolo

Valentina Sala

È la “flâneuse” che non smette mai di flaneggiare (?): in continuo vagabondaggio tra luoghi (certo) e soprattutto nuovi progetti da realizzare, dirige il giornale in modo non proprio autoritario (!). Ideatrice e cofondatrice de Il Flâneur, non si accontenta di un solo lavoro. Giornalista, ufficio stampa culturale, insegnante di Comunicazione, indossa l’uno o l’altro cappello a seconda delle situazioni. Laureata in Editoria con il massimo dei voti, ama approfondire il rapporto tra città e letterati (sua, infatti, la tesi sulla Parigi di Émile Zola e la Vienna di Joseph Roth), i romanzi che raccontano un’epoca, i film di François Truffaut, le grandi città e, naturalmente, il viaggio flaneggiante, specie se a zonzo per le strade d’Europa. Per contattarla: valentina.sala@ilflaneur.com