LECCO – Un volume in cui due grandi personalità della nostra epoca dialogano sul futuro dell’umanità: un incontro tra il filosofo Edgar Morin e l’artista Michelangelo Pistoletto, impegnati a riflettere su un nuovo modello di società e uniti dalla convinzione che non è più tempo di indignarsi, bensì di attivarsi. In occasione della presentazione di Attiviamoci. Dialogo per il secolo (dello scorso giovedì 28 novembre, alla Libreria Parole nel Tempo di Lecco), abbiamo incontrato Franco Minonzio, che dirige Polyhistor Edizioni (come la libreria di proprietà della sua famiglia), realtà che insieme a New Press Edizioni ha pubblicato l’edizione italiana di Impliquons-nous. Dialogue pour le siècle. Una chiacchierata sui temi presenti nel volume, dalla necessità di impegnarsi per la costruzione di un diverso modello di società all’importanza dell’arte e della salute, fino alla rigenerazione delle periferie.
Franco Minonzio, da dove nasce l’idea di tradurre questo dialogo tra due personalità così importanti?
Potremmo dire che tutto è nato da un confronto con Angelo Riva del Crams di Lecco: molte delle idee presenti nel suo progetto di rigenerazione urbana I Quartieri del Terzo Paradiso – così denominato da Pistoletto e volto a coinvolgere i quartieri situati tra i torrenti Caldone e Bione – sono rintracciabili in questo dialogo. Mi sono procurato una copia in francese del volume pubblicato nel 2015 e mi sono reso conto di come la convergenza di pensiero di questi due grandi vecchi avesse un forte significato. È una riflessione molto lucida e semplice, sui temi posti dalla globalizzazione. Nelle sue pagine si parla di tematiche quali la decrescita e una regolazione più giusta ed equa delle forme di sviluppo della società post-industriale. Un testo sicuramente interessante, e il caso ha voluto che tra le persone meglio attrezzate a tradurlo ci fosse una persona come Mario Porro, che conosco da più di trent’anni e che si è reso subito disponibile.
Un’uscita importante per una casa editrice recente…
Direi di sì. Siamo nati nel 2011 e siamo entrati in punta di piedi nell’ambito editoriale. Dopo aver avviato una collana dal titolo Rinascimento. Le imprese in coedizione con Lampi di stampa, editrice del gruppo Messaggerie, abbiamo iniziato a collaborare con New Press di Como, divenuta poi nostro partner editoriale. È con loro che abbiamo attivato due collane: Il Gonfalon selvaggio, a tema rinascimentalistico, e Àrbelos, di storia e filosofia della scienza. Dopo il primo volume di Àrbelos – L’epistemologia del confine di Silvano Tagliagambe – siamo usciti con il secondo della collana, questo Attiviamoci. Impliquons-nous.
Sottotitolo del volume è “Dialogo per il secolo”. Qual è il messaggio che il libro lascia al futuro?
Sicuramente il messaggio che è racchiuso nel titolo, ossia attiviamoci, traduzione dell’impliquons-nous dell’edizione francese. L’idea è quella di lasciarsi coinvolgere, di implicarci. In sintesi un’assunzione di responsabilità. Proprio in queste settimane siamo dinanzi agli effetti devastanti di un certo modello di sviluppo industriale ed economico. Quegli stessi che oggi plaudono alle scelte energetiche di Donald Trump irridono Greta Thumberg: il fatto che non dicano nulla dell’effetto devastante che il riscaldamento globale ha su scala planetaria è una cosa abbastanza singolare. Messaggio forte del libro è invece quello che tutti debbano assumersi la responsabilità, naturalmente negli ambiti in cui sono impegnati. Responsabilità significa, ad esempio, sviluppare iniziative sociali ed economiche sostenibili e che pongano al centro la persona, i suoi bisogni, l’equità nella redistribuzione delle ricchezze. Altro grosso tema trattato è quello dell’educazione, perché molte delle devastazioni nascono dalla concezione primitiva della verità, che di volta in volta viene mutilata, impugnata come una clava. Edgar Morin, che ha passato la vita a studiare la trasmissione del sapere, dice apertamente che la conoscenza è perfettibile e che nessuno può arrogarsi il diritto di assumersene in toto la paternità. «Bisogna insegnare che in qualunque conoscenza – scrive, infatti – c’è un rischio di errore e di illusione. Perché ogni conoscenza è una traduzione della realtà e una sua ricostruzione». Gli assoluti, potremmo dire, sono propri delle dittature. La democrazia, invece, parte dall’ammissione di una pluralità di soggetti e di punti di vista.
Un tema che Morin declina anche a livello religioso…
Certo, e oggi paghiamo un prezzo carissimo, una radicalizzazione ideologico-religiosa di un mondo al quale non abbiamo saputo offrire soluzioni migliori. In ogni pagina di questo libro c’è un tema e la cosa interessante è la semplicità, la chiarezza con cui le idee sono esposte.
Ma chi, secondo gli autori, può spingere verso il cambiamento, verso questo ripensamento della società?
Pistoletto cita Machiavelli: «…perché lo introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene». Ciò che l’artista vuole dire è che fino a quando non si intravedono significativi elementi di novità, molti di quelli che sarebbero beneficiari di questo cambiamento non si impegnano fino in fondo. È contro questo attendismo che si muove il libro: un’esortazione che si rivolge a tutti noi.
Pistoletto insiste anche sul ruolo dell’arte…
Assolutamente. Pistoletto ha attivato a Biella l’esperienza di Cittàdellarte, che è una delle componenti di quella che viene chiamata qui Geografia della trasformazione. Un’esperienza che ha fatto vivere una concezione diversa nel rapportarsi a temi come lo sviluppo e l’organizzazione della cultura. Come tutti gli artisti, Pistoletto ha la volontà di guardare lontano, oltre la contingenza immediata. Uno dei temi su cui si discute nel volume è il concetto di Terzo Paradiso, in pratica lo sforzo di articolare una società che sia degna di essere vissuta, non segnata dallo sfruttamento e dalla sopraffazione. Morin condivide il concetto, ma da laico precisa che è un po’ troppo idealizzante, tanto che al termine Paradiso preferisce l’espressione “ben vivere”. Del resto Pistoletto afferma «l’Arte, per me, è più spirituale della religione nella misura in cui non dogmatizza». Nell’artista c’è anche molta attenzione al rapporto tra uomo e natura, mentre in Morin sono più evidenziati gli aspetti epistemologici di questa battaglia per il cambiamento.
Una differenza che emerge anche in altri temi…
Ad esempio in quello della medicina, caro a Pistoletto e che in Morin è affrontato attraverso un punto di vista che non vede la medicina occidentale come sbagliata a priori, ma che ne sottolinea la sua eccessiva specializzazione, l’incapacità di vedere l’organismo nella sua totalità. È una riflessione secondo me fondamentale: nel cuore del sapere biologico occidentale matura l’esigenza di un confronto rigoroso e all’altezza con altre tradizioni. Valga il caso del grande biologo di Cambridge Joseph Needham, che divenne sinologo per potersi confrontare con la scienza cinese, come prova la straordinaria opera Scienza e civiltà in Cina.
Venendo a Lecco, crede che la città possa rispondere a questo appello ad attivarci?
Come libreria siamo impegnati a contribuire in termini di discussione. Si tratta di un’azione importante, dato che talvolta non si intraprendono delle strade solo perché non si conoscono. Abbiamo una funzione molto circoscritta, ma l’idea che le periferie debbano essere fatte vivere con un impegno di sistema è sviluppata in questo libro e qui da noi dovrebbe trovare una sua traduzione concreta. Abbiamo fondato una libreria in un quartiere considerato periferico e dato dimostrazione di come si possa credere nella necessità di non far morire i quartieri. Poi ci vuole dell’altro, perché a Lecco è comune pensare che se esiste qualcosa sia necessariamente in centro. L’idea di una rigenerazione passa anche attraverso lo sviluppo di una progettualità incentrata sui quartieri.
Daniele Frisco