La Vienna di fine Impero: una capitale che nel primo Novecento conosce un periodo di grande fermento culturale e che, contemporaneamente, assiste ignara e impotente a un progressivo dissolversi del suo stesso mondo. È stata trasmessa lo scorso venerdì sera – in diretta sulla Pagina Facebook, sul canale YouTube e sul sito del Consorzio Villa Greppi – la conferenza dal titolo “IL MONDO DI IERI: LA GRANDE VIENNA DI FINE IMPERO (1900-1914)”, un appuntamento slittato online causa Covid-19 e inserito nel ciclo di serate che l’ente brianzolo sta dedicando alla storia del Novecento, passando per sette città europee. Un viaggio dal titolo Voci della Storia – Il Novecento delle città europee, curato dal consulente storico (e caporedattore del Flâneur) Daniele Frisco e che, partendo proprio dalla Vienna di inizio secolo e giungendo fino alla Sarajevo degli anni Novanta, sta puntando l’attenzione su momenti in cui le sette città selezionate – Vienna, Berlino, Parigi, Varsavia, Praga, Londra e Sarajevo – hanno rappresentato, nel bene o nel male, il centro della storia europea novecentesca.
E così, ancora disponibile online, la conferenza di venerdì ha raccontato una città che ha saputo portare grandissime innovazione nella cultura europea, dall’arte alla letteratura, dalla scienza alla musica, dalla filosofia alla politica. Un fermento incredibile, reso possibile dallo scambio tra le diverse discipline, dall’assidua frequentazione tra intellettuali, studiosi e artisti, capaci di influenzarsi vicendevolmente, di dare impulso a un rinnovamento culturale dalla portata internazionale, a partire dalla rottura con il passato e dallo squarcio aperto negli anni Novanta dell’Ottocento dalla Secessione Viennese di Klimt e compagni fino al definitivo scoperchiamento dell’inconscio, complici le intuizioni di un altro viennese: Sigmund Freud.
L’irrazionale, tanto odiato dalla società borghese ottocentesca, con il nuovo secolo entra definitivamente nelle forme di espressione artistica: la profondità psicologica, le pulsioni, le incertezze irrompono sui volti dipinti da Kokoschka o Schiele così come nei romanzi di Schnitzler o Musil, generano la musica atonale di Schönberg, influenzano filosofi e intellettuali, sbarcano in una politica che, per la prima volta (e con personaggi quali il cristiano-sociale Karl Lueger, il nazionalista tedesco Georg von Schönerer e il padre del Sionismo Theodor Herzl), comprende la forza del carisma e del coinvolgimento delle masse, iniziando a far leva proprio sull’istinto, sull’emotività.
Un periodo, in sintesi, che apre al Novecento tutto, che ne è anticipatore e che coincide, come anticipato e spiegato durante la conferenza, con il progressivo sgretolarsi di un mondo – quello asburgico – che pare sempre più fuori dal tempo, romanticamente multinazionale in un’Europa di nazionalismi crescenti, anziano come il suo imperatore Francesco Giuseppe, irreparabilmente votato alla morte. Una fine che arriva, si sa, con la Grande Guerra, con un conflitto per nulla voluto dall’imperatore ma partito proprio da lui.