LECCO – Giorgio Pandiani, lecchese classe 1984, è un grafico e sviluppatore multimediale che lo scorso novembre ha pubblicato il suo secondo fumetto inedito come autore completo, intitolato Radici. Primo di tre volumi, la nuova fatica arriva a quasi tre anni di distanza dal precedente I Palazzi e affronta il tema del rapporto tra l’uomo e l’ambiente circostante.
Abbiamo incontrato Giorgio Pandiani per una chiacchierata a tutto tondo sulla sua passione per il mondo dei fumetti, dalle prime letture fino ad arrivare, per la seconda volta, alla pubblicazione di un’opera inedita e autoprodotta. Una passione, quella per i fumetti, nata in tenera età e che Pandiani ha poi coltivato anno dopo anno con un percorso di studi adeguato, dal liceo artistico fino a una scuola di fumetto.
Come racconteresti il tuo nuovo fumetto, intitolato “Radici”? E perché hai scelto proprio questo titolo?
«Al netto della suspense finale, dovuta al fatto che l’opera è stata pensata e suddivisa in tre volumi, possiamo dire che Radici con la sua storia cerca di far luce sul rapporto tra uomo e mondo vegetale, considerando quest’ultimo come una realtà viva da comprendere meglio e non come una risorsa da usare e sfruttare. Da sempre mi piacciono le piante, quando vado a camminare in un bosco avverto una tranquillità che non sento tra i palazzi della città. Per questo in Radici mi sono posto l’obiettivo di esplorare le interazioni tra gli uomini e questo mondo così ricco e complesso. Ecco quindi che il titolo del fumetto gioca un ruolo fondamentale e plurivalente, con diverse implicazioni e significati: a livello vegetale, le radici delle piante sono un elemento molto importante dell’organismo; inoltre tutta la storia è in realtà una ricerca della cause, le radici appunto, che hanno portato i personaggi, in particolare il protagonista, nella situazione in cui si trovano. Infine, c’è anche un piccolo legame tra il titolo e l’ambientazione del fumetto, la cui vicenda si snoda in alcuni luoghi noti della provincia lecchese: esiste quindi un senso di radici intese come legame territoriale, ma è forse l’aspetto meno preponderante fra quelli citati».
A proposito di storia ambientata nel lecchese, si tratta di una scelta casuale o studiata?
«Mi piaceva l’idea di raccontare una storia ambientata in luoghi conosciuti, ma non volevo una storia provinciale. Mi spiego meglio: il fumetto è ambientato in territorio lecchese, per parlare di cose che conosco, ma allo stesso tempo l’ambientazione non è la copia perfetta della realtà. E’ chiaro che la strada su cui si svolgono le prime scene è la SS36, ma le montagne circostanti non sono la riproduzione esatta di ciò che vedremmo percorrendo la superstrada. Sono solo un punto di riferimento per orientare il lettore, che valgono solo fino a un certo momento. Con questo stratagemma spero di ottenere due effetti: da un lato aumentare il senso di spaesamento e mistero durante la lettura della storia, dall’altro conferire ad ambienti noti un nuovo aspetto narrativo, in modo che il lettore possa guardare a quelle montagne già viste tante volte con uno sguardo diverso e più attento. Anche questo è un modo per valorizzare l’ambiente circostante».
L’attenzione all’ambiente e alle tematiche ecologiste è sempre stato un elemento a te caro: è vero che anche lo stile, la scelta del materiale e la stampa di “Radici” sono andate in questa direzione?
«Ogni storia chiede un suo stile per essere raccontata e Radici doveva essere assolutamente in bianco e nero, al contrario de I Palazzi che era a colori. Anche a livello narrativo, ci sono delle differenze: in Palazzi c’era poca azione, mentre il ritmo di Radici è decisamente più veloce. Per Radici ho cercato di consumare meno materiale possibile, riutilizzando ogni minimo pezzo di carta rimasto a disposizione. Ho puntato al minor impatto ambientale possibile, anche per coerenza con la storia che stavo raccontando; ad esempio, tutte le tavole sono state realizzate con matite, inchiostro di china e acqua, utilizzando il computer soltanto per l’impaginazione finale. La versione cartacea di Radici è stata stampata su carta riciclata presso una tipografia di Genova che usa solo energie rinnovabili e inchiostri vegetali a base di cera; infine, la stessa tipografia si impegna a garantire con una parte delle entrate derivate dalla stampa del mio fumetto la pulizia dei boschi della Liguria e anche questo è un segno che va nella giusta direzione del rispetto e della tutela dell’ambiente».
A proposito di fumetti, la tua è una passione che arriva da lontano: quali sono stati i tuoi titoli di riferimento, quelli più letti e amati? Ma soprattutto, come nasce un tuo fumetto?
«Leggo fumetti da sempre e disegnarli è una passione che ho sempre avuto anche da piccolo, fin dai tempi delle elementari. Poi sono seguiti gli anni del liceo artistico e della scuola del fumetto, durante la quale ho pubblicato un paio di fumetti da me sceneggiati, ma disegnati solo in parte. I Palazzi è stato il mio primo fumetto come autore completo e ora è il turno di Radici.
Di solito, l’idea per un nuovo fumetto nasce dall’accumulo di scene, personaggi, luoghi interessanti, temi di cui vorrei parlare: col passare dei mesi, o degli anni, si aggiungono sempre nuovi dettagli all’idea originaria, finché ho tra le mani una quantità di materiale sufficiente per iniziare a sviluppare la vicenda nel dettaglio.
Per quanto riguarda i fumetti di riferimento, non ho dei veri e propri modelli ma molti autori che ammiro, decisamente diversi tra di loro e da cui cerco di imparare il più possibile: Alan Moore, Neil Gaiman, Eddie Campbell, Berardi & Milazzo, Gipi, Pratt, Leo Ortolani, Bill Watterson, Hayao Miyazaki, Jiro Taniguchi… la lista sarebbe davvero infinita».
Passione, professione, mestiere: quale di queste tre definizioni si addice di più al tuo approccio con i fumetti?
«La passione c’è di sicuro, è quella che mi ha spinto fino a questo punto. La professione credo sia da intendere più come professionalità messa nel produrre un fumetto e non come idea di lavoro in sé: non sono pagato per disegnare, ma lo faccio in modo professionale sfruttando gli studi che ho fatto. Quanto al mestiere, non nego che prima o poi mi piacerebbe che lo diventasse, ma in caso contrario sono contento anche così. Conosco abbastanza bene il mondo dell’editoria dei fumetti e so che ogni editore ha un suo pubblico di riferimento, che si aspetta un certo tipo di storie. Per il momento io realizzo le mie storie per un’esigenza personale e provando a rispettare dei miei canoni, le posso far arrivare ai lettori in autonomia e quindi non mi sembra il caso di propormi a un editore: non si tratta di snobismo a prescindere, ma per ora ho trovato la mia dimensione; se poi qualcosa si metterà in movimento, staremo a vedere».
Abbiamo detto del molteplice significato del titolo “Radici” e dell’ambientazione della trama in luoghi conosciuti: a questo punto anche i nomi dei personaggi non saranno casuali, vero?
«Confermo, anche i nomi dei personaggi principali non sono affatto casuali: ad esempio, il protagonista si chiama Silvio, un po’ per riabilitare un nome troppo spesso associato a un noto politico italiano, un po’ perché ha un’etimologia che deriva da Silvano, adattamento dal latino silvanus che significa per l’appunto bosco o, più in generale, foresta. Stesso discorso vale per il secondo protagonista, l’ispettore De Luca: in questo caso, però, si tratta di un piccolo e voluto omaggio a un autore di fumetti che mi piace molto e che naturalmente si chiama proprio come il mio ispettore. Gli altri significati li lascio scoprire, o immaginare, ai lettori».
Quanto ci vorrà per leggere il seguito della vicenda raccontata in “Radici”?
«Considerato che non posso lavorare al fumetto tutti i giorni, credo che per il seguito di Radici occorrerà aspettare ancora un anno e mezzo o due al massimo. La tecnica dell’accumulo di cui parlavo prima, una volta ultimata, prevede comunque un procedimento lungo: le idee annotate sui taccuini devono essere trasposte sui fogli e disegnate, devo scrivere la storia, la sceneggiatura al pc e in contemporanea procedere con lo storyboard. Infine disegno da capo a matita, revisiono i testi e ripasso il tutto a china. Nel frattempo, per chi volesse saperne di più, è possibile seguirmi sul blog giorgiopandiani.blogspot.it».
Matteo Manente