BARZIO – Dalla riflessione sull’esistenza di un’identità mediterranea al crescente fenomeno dei populismi e nazionalismi, dal Mediterraneo come incontro tra civiltà all’importanza di tutelare una libertà di informazione sempre più a rischio. Grandi temi di attualità, di cui abbiamo parlato con la giornalista esperta di Mediterraneo e Medio Oriente Chiara Zappa, direttore scientifico di Agorà del Mediterraneo. Una due giorni di studi attorno al Mare Nostrum, come sempre organizzata dall’Associazione Centro Orientamento Educativo (Coe) di Barzio, in programma sabato 29 e domenica 30 giugno e di cui Il Flâneur è media partner (qui il nostro articolo con il programma dettagliato). In questa chiacchierata numerose anticipazioni sull’edizione imminente, ma anche la storia dell’iniziativa e le sue finalità.
“Agorà del Mediterraneo” è giunta alla sua terza edizione. Come è nata l’idea di realizzare un’iniziativa dedicata allo studio delle questioni legate al Mediterraneo?
Il Coe si è sempre impegnato nella cooperazione con paesi lontani di Asia, Africa ed America Latina. Qualche anno fa è stata fatta una riflessione sull’importanza del Mediterraneo, un’area sempre più centrale e protagonista di alcuni degli episodi cruciali della nostra epoca. Così Prashanth Cattaneo, all’epoca vicepresidente dell’associazione che ha sede a Barzio, mi ha contattato e, dopo un confronto, abbiamo deciso di organizzare una sorta di summer school residenziale di studi internazionali, aperta a tutti.
Quali sono gli appuntamenti che di solito proponete?
La nostra idea è quella di privilegiare il racconto diretto da parte dei testimoni: portiamo così qualcosa che sia comprensibile e facilmente veicolabile. Detto questo, non mancano gli esperti e naturalmente i giornalisti, in grado di comunicare alcuni fenomeni meglio del classico accademico, molto spesso in difficoltà davanti a un pubblico generalista. Un’altra cosa da sottolineare è il fatto che, grazie allo sforzo del Coe, stiamo riuscendo a portare a Barzio ospiti provenienti da quegli stessi paesi che di volta in volta approfondiamo, o comunque giornalisti di origine straniera che vivono in Italia e che possono raccontare ai partecipanti l’esperienza diretta delle realtà di cui vogliamo parlare.
Da quello che dice si capisce come “Agorà del Mediterraneo” sia un’iniziativa rivolta a un pubblico ampio…
Sì, accanto agli specialisti non mancano persone comuni, semplicemente curiose e interessate ad approfondire le tematiche proposte. Nelle scorse edizioni hanno infatti partecipato studenti, pensionati, operatori della cooperazione e del volontariato e semplici cittadini del luogo, impegnati nel volontariato e in parrocchia. Direi che c’è stata una presenza sia di esperti che di curiosi e la cosa più sorprendente è sicuramente il bel clima che si crea tra coloro che, dopo delle giornate passate insieme e immersi nell’atmosfera mediterranea, rimangono anche a dormire.
Il Mediterraneo, quindi, un mare che è stato un ponte tra le culture e le genti ma anche teatro di conflitti. Perché ancora oggi è così importante parlare delle problematiche che lo riguardano?
Oggi si incrociano davanti alle coste del Mediterraneo tante delle questioni chiave che riguardano la contemporaneità, dalle migrazioni agli incontri e scontri di civiltà e tra fedi religiose, fino alle tante scommesse e agli esperimenti sulla democrazia. Ci sono fermenti positivi che hanno luogo nei paesi del Mediterraneo e che poi diventano questioni epocali. Si può quindi sostenere che il Mediterraneo rappresenti un laboratorio di tanti fenomeni che sono fondamentali per il nostro tempo. E “Agorà” è l’unica iniziativa in tutta la Lombardia interamente dedicata proprio all’area mediterranea.
Secondo lei esiste un’identità mediterranea da valorizzare?
Questa è una questione molto importante e che è al centro del nostro lavoro. Oltre a riflettere sui problemi che ci sono in quest’area, ci siamo infatti interrogati fin dalla prima edizione sull’esistenza o meno di un’identità mediterranea, capace di unire e di far affrontare con una marcia in più le problematiche dette. Un’identità creata da una lunghissima storia di convivenza, di conoscenza e di scontro che ha caratterizzato i popoli del Mediterraneo e da uno scambio che è avvenuto sulle sue rotte e che ha sicuramente permesso un incontro di civiltà. L’idea è quindi quella di utilizzare il meticciato che abbiamo nelle vene per comprendere il presente.
Venendo all’edizione di quest’anno, ci può dare delle anticipazioni?
Al centro dei nostri seminari ci saranno, come sempre, l’attualità e i principali argomenti del dibattito politico. Quest’anno partiamo con una riflessione sui populismi e sui nazionalismi dell’area mediterranea: una tematica globale che interroga anche noi come italiani ed europei. Proveremo infatti a chiederci dove finiscano le legittime rivendicazioni di popoli, comunità e identità locali e dove inizino i nazionalismi e le chiusure. Fino a che punto, quindi, le rivendicazioni localistiche diventano pericolosi muri invalicabili? Qual è il rapporto tra la difesa delle identità e le barriere?
Un altro evento molto importante e attuale dell’edizione 2019 è la presenza dell’arcivescovo di Baghdad, che ci racconterà della situazione dell’antica piana di Ninive dopo il passaggio dell’Isis e delle sfide dei cristiani che, dopo la violenza subita da parte dello “stato islamico”, stanno cercando di fare ritorno. Una tematica molto attuale anche alla luce della visita di Papa Francesco, prevista per l’anno prossimo, e un appuntamento atteso non solo dalle comunità cristiane, ma anche dalle autorità politiche irachene, perché la visita rappresenta un modo di puntare i riflettori su un paese martoriato.
Scorrendo il programma si può notare anche un focus sulla libertà d’informazione…
La libertà d’informazione è un altro tema importante, che non avevamo mai trattato nelle passate edizioni. Nell’ultimo periodo ci siamo resi conto di come il diritto di informare e di essere informati stia subendo degli attacchi in modo inedito e sempre più generalizzato. Possiamo pensare naturalmente alla Turchia e ai luoghi di conflitto come la Siria, ma anche a situazioni più vicine a noi, come i casi di Malta, Slovacchia e Ucraina, dove giornalisti sono stati uccisi mentre facevano il loro lavoro. Per non parlare, poi, di casa nostra, dove abbiamo il problema dei numerosi giornalisti sotto scorta, minacciati dalla criminalità organizzata e, soprattutto in questo ultimo periodo, anche dalle associazioni neonaziste e di estrema destra. Cercheremo infine di fare anche un passaggio ulteriore, non soltanto parlando di libertà d’informazione, ma anche di libertà d’espressione, soprattutto alla luce dei recenti episodi di violenza nei confronti di cittadini, rei soltanto di aver indossato una maglietta che rivendicava valori antifascisti. È quindi importante capire quanto sia fondamentale per la salute di una società democratica avere la possibilità di esprimere le proprie opinioni e quanto sia rischioso svendere questa libertà, anche in cambio di un’ipotetica sicurezza.
Daniele Frisco