CALOLZIOCORTE – A cosa serve la Storia? Che rapporto ha con la verità? Qual è il suo ruolo oggi? Queste alcune delle domande alle quali il famoso medievista Franco Cardini ha provato a rispondere sabato 14 giugno, durante il convegno organizzato per ricordare i mille anni di storia del convento di S. Maria del Lavello, a Calolziocorte. Invitato alla manifestazione per inquadrare temporalmente l’Europa e il nord Italia durante gli anni della fondazione dell’edificio religioso, Cardini ha invece spiazzato i presenti parlando soprattutto del ruolo della Storia nella società di oggi. Scelta, questa, su cui lo stesso storico ha ironizzato.
Per quasi due ore Cardini ha quindi condotto per mano il pubblico attraverso un lungo viaggio, ripercorrendo avvenimenti di diverse epoche: dall’età antica al medioevo, dall’età moderna ai nostri giorni. Aneddoti tratti dalla sua vita privata, fatti storici in grado di far vacillare alcuni luoghi comuni più diffusi e riflessioni filosofiche sono state le argomentazioni con le quali lo studioso ha voluto dimostrare le sue teorie sulla materia.
Prima tematica trattata è stata il rapporto tra verità e Storia. «Tra il vero obbiettivo – spiega il professore – e il vero storico c’è uno iato che è molto difficile da restringere. Certo – prosegue – ci si può avvicinare alla verità e a volte le due possono combaciare, ma non saremo mai in grado di dimostrare questa coincidenza». La Storia, secondo il medievista, si presenta quindi come una scienza impura, poiché è difficile che si sovrapponga sempre perfettamente alla realtà effettiva.
Due le sedi in cui, sempre secondo l’ospite d’eccezione, la Storia verrebbe “usata e abusata”. Innanzitutto la scuola, dove la materia sarebbe ormai «relegata a un ruolo secondario». Una scuola che, al contrario, nel corso dei secoli ha sempre avuto un rapporto molto stretto con la disciplina, basti pensare al mondo classico, quando «era indispensabile per saper sviluppare una buona retorica». E poi la politica, altro ambito che ancora oggi “abusa” della Storia e che cerca di utilizzarla per i propri fini. Un atteggiamento che «sfruttando il passato, prova a modificare il futuro».
E cosa dire, invece, della frequente tendenza a riscoprire le tradizioni e le identità? Un atteggiamento che parrebbe valorizzare il passato ma che Cardini interpreta come una contraddizione dei giorni nostri. Da un lato, infatti, l’idealizzazione di alcuni eventi storici, dall’altro, però, il disinteresse per la Storia e il suo minore ruolo nelle scuole. «Ci si può entusiasmare – afferma, infatti – per le battaglie del Risorgimento o per quella di Legnano, ma non si può prescindere da un esame attento e non banale di questi argomenti». Una responsabilità che per Cardini coinvolge tutti i professionisti della storia, che probabilmente «non sono riusciti a comunicare in modo efficace».
Numerosi, come anticipato, anche i fatti storici raccontati da punti di vista meno scontati come, ad esempio, l’idea che l’università sia stata il primo luogo di monetizzazione della cultura. «Le Università, idea arabo-persiana, vendono sapere. Un pagamento, questo, che desacralizza la cultura, in precedenza nelle sole mani delle istituzioni ecclesiastiche».
E poi, per finire, un aneddoto che ha cambiato il modo con cui lo storico si è approcciato alla materia. Lui, allievo a Parigi di Fernand Braudel, racconta infatti di un episodio semplice ma significativo: «era il giorno successivo ai festeggiamenti del 14 luglio e vedendo noi studenti assonnati a causa degli eccessi del giorno prima, Braudel ci incalzò chiedendoci: siete contenti per la presa della Bastiglia? E poi ancora Siete contenti che Hitler abbia perso la guerra? Ai nostri sì il professore rispose con una lezione particolare, incentrata su tutte le vittorie di un “Hitler” nella storia dell’umanità». Una nuova prospettiva, quindi, con cui studiare e interpretare la Storia.
Daniele Frisco