RADIO FLÂNEUR – “Happiness bastards” dei Black Crowes. Ritorno in grande stile per l’hard-rock-blues dei fratelli Robinson

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A distanza di quindici anni dall’ultimo lavoro di inediti in studio, il nuovo album dei Black Crowes è l’urlo in faccia necessario per uscire dal torpore invernale e lanciarsi con vigore a suon di chitarre hard-rock con riverberi soul-blues verso la bella stagione, quella più adatta al calore del rock n’ roll più duro, sudato e sporco che i fratelli Chris e Rich Robinson fanno dal lontano 1990 con la loro band di Corvi Neri. Happiness bastards segna infatti un ritorno a tratti clamoroso per la band di Atlanta; si tratta di un disco compatto nel quale tutto è al posto giusto e dove nulla è diverso da quel che ci si aspetterebbe dai due fratelli Robinson: rock a pieni polmoni, con venature più hard-blues e ballate necessarie per prendere fiato, nel classico stile che da sempre li contraddistingue.

Non fanno eccezione le nuove composizioni contenute in Happiness bastards, a partire da Wanting and waiting, scelta come primo singolo e biglietto da visita perfetto per questo ritorno in grande stile. Chitarroni in primo piano e un ritmo travolgente come un marchio di fabbrica per i Black Crowes, da sempre in bilico fra hard-rock classico e svariati richiami di southern-rock. Allo stesso modo, l’opening Bedside manners avvia le danze in maniera decisamente energica, con un bel riff di chitarra, pianoforte in contrappunto e cori soul alle spalle di un ritmo forsennato che non molla per un attimo e fa battere il piede nel modo giusto. Si prosegue sulla stessa falsa riga con Rats and clowns, altro pezzone tirato con chitarre e voce ben in evidenza a dettare il mood del brano. Dopo due brani del genere, è tempo di prendere fiato: ecco quindi Cross your fingers, che parte acustica per poi trasformarsi in un ottimo blues elettrico, con tanto di gran solo finale. La carica travolgente del singolo Wanting and waiting rialza subito i battiti del disco, con un perfetto intreccio fra chitarre, voce ed organo hammond: un instant-classic che dopo oltre trent’anni di onorata carriera non è sempre lecito aspettarsi, ma l’esperienza e il mestiere qui viaggiano a livelli altissimi! La prima vera ballad del disco arriva con la successiva Wilted roses, cantata in duetto con Lainey Wilson, in un ben riuscito intreccio fra chitarre acustiche e tastiere, che non sfigurerebbe fra certi pezzi acustici di sua maestà Keith Richards. L’energia torna prepotente con Dirty cold sun, altro pezzo da manuale hard-rock-blues, mentre l’armonica aggiunge alla successiva Bleed it dry quel tocco country che non guasta mai. Il ritmo torna a farsi nuovamente indiavolato con Flesh wound e prosegue in maniera forsennata con Follow the moon, brano simile per costruzione al singolo Wanting and waiting. Le note finali dell’album sono invece affidate a Kindred friend, altra ballata costruita su chitarre acustiche, slide, tastiere e armonica: un ottimo modo per chiudere in maniera classica un disco che non si potrebbe definire in altro modo da classico disco dei Black Crowes.

Dopo alcuni anni di tribolazioni, incomprensioni tra i fratelli Robinson e vicissitudini interne alla band con tanto di scioglimento nel 2015 e reunion nel 2019, i Black Crowes sono tornati e l’hanno fatto nel miglior modo possibile, con un disco compatto, omogeneo, energico e volutamente rock: Happiness bastards è un biglietto da visita perfetto per i Corvi Neri, una band che da sempre – e ancora una volta con questo nuovo lavoro – fonde alla meraviglia le lezioni hard-rock, blues e soul di band seminali come Rolling Stones, Aerosmith, Led Zeppelin e via dicendo. Happiness bastards ha l’unico difetto di finire troppo in fretta, ma si ha subito voglia di riascoltarlo da capo: non funziona sempre così con i capolavori?

Matteo Manente

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