Poche luci sul palco, Eddie Vedder che gira in tondo come se dovesse prendere la rincorsa e poi, di botto, la schitarrata iniziale di Corduroy che spazza via due anni di attesa e di paure per tutto quello che è successo nel mentre. L’energia trentennale di Even flow e Why go, che senza inutili interruzioni confermano subito le intenzioni di fare sul serio della band, prima di rallentare con la sempre splendida Elderly woman behind a counter in a small town. L’ipnotica Dance of the clairvoyants, che fa da contraltare alla potenza strabordante di Quick escape, ci ricorda che nonostante tutto siamo a una tappa del Gigaton Tour 2022 e che i Pearl Jam suonano ancora da dio, comprese le nuove canzoni: Eddie Vedder ha voce e carisma da vendere, Stone Gossard e soprattutto Mike McCready intrecciano a meraviglia le loro chitarre, mentre il basso di Jeff Ament e la batteria di Matt Cameron tengono il tempo e dettano i ritmi del concerto, insieme alle tastiere Boom Gaspar e ai contributi dell’ex Red Hot Chili Peppers Josh Klinghoffer che colorano le melodie dei brani in scaletta.
MFC è un bel salto all’indietro, ma mai quanto la botta delle prime note di basso che introducono Jeremy: boato totale e 60.000 persone che cantano all’unisono sull’asfalto rovente dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari. L’emotività devastante di Come back insieme alla potenza della successiva Save you valgono da sole il prezzo del biglietto, delle birre a 8 euro dentro all’autodromo e del caldo inumano patito per tutto il giorno: sono il motivo per cui vale sempre la pena andare a un concerto dei Pearl Jam, non si sa mai cosa possono decider di suonare! Wishlist è mandata a memoria da tutto il pubblico e come sempre scalda i cuori dei presenti, così come Do the evolution contribuisce al surriscaldamento globale e locale su Imola e dintorni… energia allo stato puro! Essendo tra quelli a cui è piaciuta fin dal primo ascolto, plaudo alla scelta di proporre dal vivo Seven o’clock, brano particolare dell’ultimo album e insolito per lo stile tipico dei Pearl Jam. Si sa che Vedder è sempre attento a quello che succede nel mondo, infatti nell’introdurre la classica Daughter non si fa sfuggire l’occasione per ribadire la sua contrarietà alla decisione presa pochi giorni prima dalla Corte Suprema americana sul tema dell’aborto negli USA… e scattano gli applausi convinti dei fans! Cori da stadio e braccia alzate per Given to fly, a tutti gli effetti un inno per tutto coloro che resistono nonostante tutto e provano a volare nel loro piccolo cielo quotidiano. Il main set si chiude con la stessa dose di energia con cui era iniziato: la nuova Superblood wolfmoon rende bene dal vivo, Lukin è la solita tirata punk di un minuto e mezzo, mentre Porch mette la parola fine alla prima parte dello show, facendo saltare tutto l’Autodromo.
In apertura dei bis arriva un’altra delle perle della serata: State of love and trust è scelta da Vedder per ricordare il primissimo concerto italiano dei Pearl Jam oltre 30 anni fa a Milano… e non poteva esserci scelta migliore. In un’onda emotiva così alta, non poteva certo mancare Black con tanto di coretto sul finale, ma a spingere ancora più in alto il livello dei brividi – nonostante si tratti di una notte dalle temperature bollenti – ci pensa la superlativa Better man… e qui ogni parola è davvero superflua! Siamo alle battute conclusive e come per ogni rito collettivo che si rispetti, serve l’inno definitivo, il momento di consacrazione finale della serata: dopo due anni di pandemia e senza concerti per nessuno, Alive è un urlo totale di liberazione, un grido che si alza nel cielo di Imola mentre Vedder e soci si godono il momento e tutta l’energia del pubblico dal palco. La serata è stata calda in tutti i sensi, ma c’è ancora spazio per un ultimo colpo in canna nella chitarra dell’instancabile Mike McCready: Yellow ledbetter manda tutti a casa felici e contenti, convinti di aver assistito a un concerto meraviglioso, con una band a pieno regime che macina canzoni e regala emozioni come solo i grandissimi Artisti sanno fare… e sulla piazza anche oggi, con il tour europeo appena concluso e a distanza di oltre un mese dallo show infuocato di Imola, i Pearl Jam – con la loro onda lunga di emozioni – sono ancora la miglior rock band in circolazione!
Matteo Manente