A “Italiana” di Giuseppe Catozzella il Premio Manzoni 2021.
Vince la storia – rimossa – della brigantessa Ciccilla

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«…avevano preso Ciccilla, la famosa Ciccilla, la terribile Ciccilla […] Certo che ero io, e che non ero un uomo, per niente al mondo avrei voluto esserlo. Da due anni ero più simile a Bacca che a un uomo, e non c’è niente di più lontano da un uomo di una lupa. Ma una cosa dev’essere chiara: se ho usato un coltello per tagliarmi i capelli e mi sono vestita da uomo non è stato per essere come uno di loro. Se l’ho fatto è stato perché, senza, non mi sarei mai liberata. Senza, sarei rimasta Maria».

La storia di una donna del Sud che, nel mezzo del processo di creazione di uno stato italiano unitario, cerca e trova il coraggio di battersi per inseguire il sogno della sua liberazione e, contemporaneamente, per cambiare il suo mondo e per provare a costruirne uno migliore. Una figura realmente esistita e che grazie a Italiana di Giuseppe Catozzella esce dall’oblio di un Paese, il nostro, che sembra avere una memoria selettiva.

A questo romanzo edito da Mondadori è andato, nella serata di sabato 6 novembre, il Premio Manzoni al Romanzo storico 2021, come sempre assegnato da 50&Più Lecco in collaborazione con il Centro Nazionale Studi Manzoniani, il Comune di Lecco e Assocultura Confcommercio Lecco. Una premiazione avvenuta sul palco della Casa dell’Economia e che ha visto la presenza, accanto al vincitore Catozzella, anche degli altri due finalisti di questa edizione del Premio: Martina Merletti con il suo romanzo d’esordio Ciò che nel silenzio non tace e Andrea Molesini con Il rogo della Repubblica.

Milanese, figlio di genitori calabresi emigrati al Nord, classe 1976, con Italiana Catuzzella ci porta alla scoperta di una guerra civile poco raccontata ma fondamentale per la storia dell’Italia meridionale: il brigantaggio. Mentre il complesso processo di unificazione italiana prosegue, in Calabria, precisamente sui sentieri della Sila, si combatte una guerra non dichiarata tra l’esercito regio – spesso visto, qui, come forza d’occupazione – e bande di briganti. Tra questi ultimi c’è Maria Oliverio detta Ciccilla: nata da una famiglia poverissima e con un difficile rapporto con la sorella Teresa, la donna ripercorre i sentieri della sua infanzia combattendo al fianco di Pietro, brigante e ribelle, e diventando la prima e unica donna a guidare una banda contro la ferocia dell’esercito italiano/piemontese.

Una storia in cui c’è, innanzitutto, la trasformazione di una donna determinata a capire cosa sia destinata a essere, in bilico tra bene e male, coraggiosa. Una storia, ancora, di rivolta, di violenza, certo, ma anche di speranza, di spinta verso un ideale. Una storia che, partendo da documenti d’archivio, ha il merito di ricostruire i mesi che precedono e seguono l’Unità d’Italia, di raccontare un Paese ancora in cerca di un’identità e una guerra che, come sottolinea lo stesso autore, «è il nostro rimosso nazionale e collettivo, l’origine dei nostri mali e delle nostre virtù, su cui si basa per negativo il nostro carattere nazionale».

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