LECCO – Il momento è arrivato. Anche la città di Lecco può rendere omaggio a uno dei più grandi scrittori, studiosi e protagonisti della cultura europea degli ultimi cinquant’anni: Claudio Magris. Nella serata di mercoledì 22 ottobre alle 21, presso l’auditorium della Casa dell’Economia di Lecco, l’intellettuale e accademico triestino ha ricevuto il Premio Manzoni alla Carriera, che torna a essere assegnato dopo due anni, sempre dall’associazione 50&Più Lecco.
Difficile raccontare Claudio Magris, considerato l’enorme contributo offerto alla cultura del nostro paese. Complesso parlare delle sue opere, che lo hanno reso uno degli scrittori e saggisti più apprezzati in Europa, ogni anno tra i favoriti del Nobel alla Letteratura. Una vita vissuta tra l’insegnamento di Letteratura tedesca a Torino e nella sua Trieste, l’attività letteraria e l’impegno intellettuale e civile con i suoi articoli per il Corriere della sera e le raccolte di saggi.
Grande germanista, Magris è un acuto conoscitore della cultura e della letteratura mitteleuropee, analizzate sin dai tempi dei suoi studi e in particolare nel fondamentale Il mito absburgico nella letteratura austriaca moderna del 1963 e nel saggio Lontano da dove. Joseph Roth e la tradizione ebraico-orientale del 1971. Una cultura, quella dell’Europa centro-orientale, fino allo scoppio della Grande Guerra senza frontiere, dove si potevano incrociare nella stessa città persone di nazionalità, lingua e religione diverse ma accomunate da un comune sentire e pensare, simboleggiato, nel bene e nel male, dalla pachidermica monarchia asburgica. Una cultura, ancora, completamente estranea alla successiva sbornia nazionalista e totalitaria, venuta dall’Ovest.
E proprio la Mitteleuropa è al centro di alcune delle migliori opere letterarie di Magris, a partire dal meraviglioso Danubio, un viaggio, sì, lungo il fiume europeo (dalle sorgenti al Mar Nero) ma anche attraverso il tempo, la letteratura, la filosofia e l’arte: un’opera che scopre e riscopre luoghi e paesaggi, reali e immaginari, a volte relegati ai margini della Grande Storia ma fondamentali per la cultura del continente. Un libro di formazione e allo stesso tempo flânerie europea, diventato fedele compagno di viaggio per molti (compreso chi scrive) amanti ed esploratori di quell’Europa ancora difficile da comprendere per chi vive nei grandi stati nazione d’occidente.
Non solo Danubio ma anche echi sveviani del troppo poco celebrato Un altro mare o ancora il grande capolavoro Microcosmi, vincitore del premio Strega nel 1997 e serie di piccoli e delicati affreschi di luoghi, tempi, paesaggi e confini da oltrepassare. Una produzione letteraria, quella di Magris, in cui trovano spazio anche altre opere certamente e altrettanto dense, da Alla cieca al bellissimo Non luogo a procedere – con la sua profonda riflessione su guerra e memoria – fino agli ultimi Tempo curvo a Krems e Croce del Sud.
E ancora i saggi, con riflessioni incisive non solo sulla letteratura ma anche su politica, etica, laicità, viaggi e storia, quella storia che, come spesso sottolinea lui stesso, è capace di sorprendere, più fantastica e imprevedibile della finzione.
Infine Trieste, più volte presente nei suoi lavori (su tutti Trieste. Un’identità di frontiera, scritto con lo storico Angelo Ara). Una città di cui lo scrittore racchiude lo spirito intellettuale, multiculturale e allo stesso tempo indefinito: ne percepiamo il mare, la bora, i palazzi, i viali e naturalmente i caffè. Un degno erede, Claudio Magris, di quei numerosi scrittori che a inizio Novecento – negli anni del glorioso crepuscolo del porto dell’Impero – passeggiavano per le strade della città e ne riempivano i locali, prima che l’arrembante Secolo Breve presentasse il conto.
Daniele Frisco