Un unico grande romanzo suddiviso in venti capitoli, anzi: un quotidiano con venti articoli freschi di stampa, che parlano di attualità, politica, società, costume, cultura e libero pensiero, scritti da un artista che nel pezzo che dà il titolo al disco dice di “non essere” tutta una serie di cose, ma che di fatto da oltre quarant’anni è la voce più critica e pungente del rock n’ roll made in Italy. Il quotidiano sopracitato, riprodotto anche nella grafica che accompagna e caratterizza il disco, si chiama Non c’è e rappresenta il nuovo progetto discografico di Edoardo Bennato: un album contenente 8 brani nuovi (Non c’è, La bella addormentata, Il Mistero della Pubblica Istruzione, Geniale, L’uomo nero, Maskerate, La realtà non può essere questa, Signore e signori), uniti alla riproposizione di 12 episodi del passato che tuttavia, a ben guardare, suonano più attuali e contemporanei degli stessi inediti (fra questi spiccano Bravi ragazzi, Salviamo il salvabile, Cantautore, Mangiafuoco e Non farti cadere le braccia).
Sui brani che hanno determinato il successo e la fortuna di Bennato in oltre quarant’anni di onorata carriera c’è poco da aggiungere, perché parlano da soli e, nonostante gli anni che passano, sembrano scritti davvero stamattina. Esemplificativi in questo senso sono i versi iniziali della profetica Bravi ragazzi, incisa nell’album I buoni e i cattivi del 1974, ma impressionante se calata nella realtà sconvolta dal Covid-19 del 2020: “Una di notte, c’è il coprifuoco e pensare che all’inizio sembrava quasi un gioco, ora non c’è più tempo per pensare, tutti dentro, chiusi ad aspettare…”; il brano prosegue poi con strofe come “Per fronteggiare la situazione c’è stato un programma alla televisione, hanno parlato tutti gli avvocati di tutte le bandiere, di tutti i partiti ed è stato proprio commovente vedere tutti quei grandi sacrificare le proprie idee in nome del bene della gente, poi hanno dato severe istruzioni, di stare calmi e stare buoni…”, fino al ritornello esplosivo con l’invocazione “Buoni, su, buoni ragazzi, ma non è il caso di agitarsi… Bravi, su, fate i bravi ragazzi, vedrete che poi sistemeremo tutto…”.
Allo stesso modo, è evidente l’attualità nei testi di canzoni storiche come l’invettiva contro il potere rappresentato da Mangiafuoco (“Tutti i capi di partito e su in alto Mangiafuoco, Mangiafuoco fa le scelte, muove i fili e si diverte, ma se scopre che i fili non ce li hai, se si accorge che il ballo non lo fai, allora sono guai…”), la descrizione sempre sul filo dell’ironia di Cantautore (“Tu sei saggio, tu porti la verità, tu non sei un comune mortale, a te non è concesso barare, tu sei un ah, ah, cantautore…”) o l’appello disperato urlato in Salviamo il salvabile (“È già successo ed era solo l’inizio, ah, ma più corriamo e più ci manca lo spazio, qui non ci entriamo più però, salviamo il salvabile…”). Proseguendo con gli evergreen, basta il titolo di Non farti cadere le braccia per capire quanto possa essere perfetta nell’attualità quotidiana dei nostri tempi, ma alla desolazione sempre dietro l’angolo ecco lo scatto per reagire offerto dalla storica Un giorno credi (“Quando ti alzi e ti senti distrutto fatti forza e va incontro al tuo giorno, non tornar sui tuoi soliti passi, basterebbe un istante…”), unita all’irrinunciabile tensione verso il sogno cantato sia ne L’isola che non c’è, sia nella altrettanto celebre Le ragazze fanno grandi sogni. Nel nuovo disco di Bennato trovano posto anche le più recenti Italiani, La verità e Tutti, fino al duetto scoppiettante con Morgan in Perché.
Quanto agli otto inediti, rispecchiano in tutto e per tutto il tipico stile di Bennato, rivolto all’ironia e al sarcasmo di chi da sempre vuole mettere alla berlina certi comportamenti e abitudini degli italiani. Il singolo apripista Non c’è è un autoritratto in forma di ballata dedicato a chi, come lo stesso Bennato, in oltre quarant’anni di carriera non ha mai ceduto alle sirene ammaliatrici delle mode, dei compromessi facili e dei favoritismi per farsi pubblicità e avere maggior successo: “Quello lì è un ragazzo speciale, quello lì che passa e se ne va, e si porta chiusa nella chitarra la sua anima underground… Quello lì che non c’è niente da fare, non c’è verso, tanto non capirà che chi è fuori dal giro che vale e dal giro della pubblicità non c’è…”.
La bella addormentata, prendendo spunto ancora una volta dal titolo di una favola, è l’ennesimo canto dedicato da Bennato alla “sua” Bagnoli, che arriva dopo le già note Vendo Bagnoli (1989) e Si scrive Bagnoli (2003); questa volta si tratta di un canto più disteso e votato alla speranza secondo la quale prima o poi arriverà un principe azzurro in grado di risollevare le sorti del celebre quartiere industriale alle porte di Napoli: “Stazione dell’acciaio, stazione abbandonata, nel ruolo maledetto di bella addormentata… Svegliarla con un bacio è una follia, stazione inutile di questa ferrovia… Ma io che non voglio fermarmi mai ora mi fermo perché c’è lei, addormentata di fronte al mare e solo un bacio la può svegliare…”.
Torna il rock-blues intriso di ironia e irriverenza tipico del cantautore partenopeo con il Mistero della Pubblica Istruzione, canzone già apparsa quando il ruolo di ministro dell’istruzione era ricoperto dalla Gelmini; tuttavia, pur essendosi avvicendati più volte i titolari di uno dei dicasteri da sempre più ostici da gestire, il risultato non è mai cambiato più di tanto, quindi il blues di Bennato rimane ancora valido strumento di sberleffo e sarcasmo contro le contraddizioni di tale istituzione: “La sapienza porta febbre, il sapiente è disperato, ma è un paziente inconsenziente, non vuole essere curato… E chi è che ci trova la soluzione, è un mistero della pubblica istruzione…”. Geniale è un’altra ballata in puro stile Bennato, nella quale si fondono richiami all’attualità (“La nostra è una terra di frontiera, tra quest’Africa che si avvicina e quest’Asia che si avvelena…”) e speranza verso chi riesce a smarcarsi dai luoghi comuni e dai comportamenti che vanno per la maggiore: “Geniale, il tuo codice morale, senza l’alibi delle mode e le trappole della fede… Geniale, follemente spettacolare l’equilibrio che ti spinge sul filo e ti fa dondolare tra istinto e ragione…”. L’attualità traslitterata ancora una volta sotto forma di termini favolistici traspare anche dai versi de L’uomo nero, cantata da Bennato in coppia con il rapper Clementino in un inno evidentemente contro ogni forma di razzismo e di discriminazione verso i nuovi migranti; un brano nel quale blues, rap, italiano e dialetto si fondono in un tutt’uno: “Su bambini fate i bravi e non dite le bugie, se no arriva l’uomo nero e vi porta via lontano… Dici che li hai visti da tutte le navi e non t’importa niente e te ne lavi le mani… son guagliuni come nuie che hanno campà, secoli di sangue su questa guerra, la storia la fa chi la vive, no chi la scrive…”. Maskerate si avvicina invece ad episodi più recenti della carriera di Bennato, come Wanna Marchi libera (2010), un blues a doppio filo che da una parte si lega alla quotidianità di gesti coi quali abbiamo dovuto purtroppo imparare a convivere (“Maskerate nei convegni, nei discorsi ufficiali e per dare il buon esempio tutti bene imbavagliati… Maskerate dappertutto, nei conventi e in tribunale, in attesa di istruzioni, tutti pronti a ballare… avviso ai naviganti, se navigate a vista portate sempre i guanti…), mentre dall’altro mette alla berlina alcuni comportamenti troppo omologati ai quali ogni tanto ci abbandoniamo (“Maskerate nelle piazze, nelle feste comandate, dove tutto fila liscio, dove ogni scherzo vale… Maskerate a più non posso, nello spasso generale, da Natale a Ferragosto, da Pasquetta a Carnevale, rispettando il protocollo, consultando il manuale, è passata la tempesta, sta arrivando il temporale…”).
Messa da parte per un attimo l’ironia sempre sferzante e pungente, Edoardo Bennato, assieme al fratello Eugenio, torna a raccontare i tempi della pandemia da Coronavirus nella splendida ballata La realtà non può essere questa, ispirata dai mesi del primo lockdown del 2020: “La realtà è tutta in questa stanza, nella rete che annulla ogni distanza, la realtà è fuori dal balcone, nella rete che diventa una prigione… La realtà è tutta da rifare, è la vita che non si può fermare e che canta la sua ribellione alla rete che diventa una prigione… E non basta vivere l’illusione di chitarre che suonano da sole, nel silenzio di nessuna festa, la realtà non può essere questa…”. Per concludere in bellezza questo nuovo lavoro non poteva esserci brano migliore di Signore e signori, l’ultima “canzonetta” nella quale Bennato si scaglia contro gli imbonitori d’ogni sorta e tutti coloro che fanno false promesse in nome del nostro (ma soprattutto loro!) esclusivo interesse e tornaconto! Un brano incalzante, già postato anni fa in rete dallo stesso cantautore napoletano, ma che ben si presta per concludere il nuovo disco e descrivere la bassezza di certe cronache pseudo-politiche che ogni giorno siamo costretti a leggere sui giornali: “Signore e signori fidatevi di me, perché io sto parlando nel vostro esclusivo interesse… Ragazze e ragazzi votatemi perché sarò come un fratello e terrò fede a tutte le promesse… Questo non è un comizio, non è pubblicità, è l’ultima crociata perché trionfi finalmente la libertà…”.
Attualità di vario genere, politica di bassa leva, razzismo strisciante e sempre più sdoganato a livello mediatico, nuove povertà contro cui sfogare la propria frustrazione, emergenza sanitaria e tanto altro ancora: il nuovo album di Edoardo Bennato è un concentrato di tutto quello che non vorremmo più leggere sui giornali di ogni giorno, ma che invece, contrariamente al titolo Non c’è, esiste ancora fin troppo chiaramente e purtroppo continua a tenere banco nelle cronache del nostro tempo. Una volta di più, chiusa l’ultima pagina di questo ipotetico quotidiano intitolato Non c’è, viene da augurarsi che la realtà non debba davvero più essere questa!
Matteo Manente