CASATENOVO – Centinaia di ebrei salvati anche grazie alle sue pedalate: una corsa di 180 chilometri, tra Firenze e Assisi. Andata e ritorno, salita e discesa, mentre attorno a sé le cicale cantano, lo chiamano, lo incitano: “Gino, Gino, Gino”. È la storia di Bartali, eroe del ciclismo e insieme Giusto tra la Nazioni, a scorrere davanti al pubblico: una scenografia essenziale e un’unica attrice, Federica Molteni, a dominare la scena e a catalizzare l’attenzione dei presenti. Uno spettacolo, Gino Bartali. Un eroe silenzioso, prodotto dalla compagnia Luna e Gnac e andato in scena mercoledì 22 gennaio nella sala La Colombina di Casatenovo, quarto appuntamento dei Percorsi nella Memoria 2020.
Un monologo che si è inserito perfettamente nel tema (La scelta dei Giusti) di questa edizione della rassegna promossa dal Consorzio Villa Greppi e curata da Daniele Frisco: una rappresentazione che, oltre a ricostruire le tappe più importanti della vita e dei successi del ciclista, ha messo in luce anche la sua determinazione nell’aiutare il prossimo, nell’uscire dalla spirale dell’indifferenza che dominava l’Europa della seconda guerra mondiale.
Federica Molteni è, innanzitutto, il giovane Gino: un bambino che non ama andare a scuola e che istintivamente si interessa alla bicicletta. Bergamasca che per l’intera pièce parla toscano, l’attrice veste i panni del protagonista ma anche del padre severo, della gente del paese e della madre amorosa. È donna che dona volto e voce ai personaggi, che si fa allegoria di una storia universale, che trasforma i pochi oggetti in scena in evocazioni: lì una sedia per la bici, ora una corda per il manubrio.
Semplice eppure ricco di suggestioni, lo spettacolo è una vita che scorre, dalle prime timide gare alle vittorie del Giro d’Italia, dalla morte del fratello al successo al Tour de France, da un regime che lo vorrebbe come ambasciatore del Fascismo a un Paese che pare voltargli le spalle per non aver pubblicamente ringraziato il Duce.
Un uomo, Bartali, dal linguaggio diretto, sincero e insieme capace di scelte forti, di una passione che, quando la Storia diviene ancora più crudele, può inaspettatamente farsi strumento a servizio degli altri. Perché la bici, straordinaria in gara, lo diviene ancora di più se utilizzata per salvare delle vite: parte di una rete clandestina messa in piedi dall’arcivescovo di Firenze Elia Angelo Dalla Costa, Bartali sfreccia sulle strade di Toscana e Umbria. Una staffetta di centinaia di chilometri per portare, nascosti sotto al sellino, documenti falsi per intere famiglie di ebrei.
E in più punti lo spettacolo diviene poesia: Gesù, dalla Croce, si complimenta con lui; le cicale, lungo la strada, lo incitano; gli ebrei, da sotto al sellino, lo spronano a non demordere. Con la paura che lo insegue e che lo fa pedalare ancor più forte, Ginaccio capisce che paura fa rima con avventura, che una scelta giusta rende la vita degna. Perché – parafrasando le sue stesse parole – a contare non sono tanto le medaglie attaccate alla maglia, bensì quelle indelebilmente cucite all’anima.
Valentina Sala