LECCO – Grammatica della mano destra, ovvero grammatica di una metamorfosi annunciata, nel tempo di un congedo. Ecco il nuovo libro di Lorenzo Zumbo, professore e scrittore che abbiamo imparato a conoscere su Il Flâneur già con Il vento contapassi (Mesogea), viaggio nella Sicilia delle origini. Romanzo che scivola dal reale all’onirico, Grammatica della mano destra racconta di mare, di pietre bianche e di isole, ma anche di scuola, di padri e di figli, di sogni, di cambiamento, di addii.
Protagonista e narratore è un professore liceale affetto da un tremore alla mano destra che fa presagire una metamorfosi e che apre lo spazio a riflessioni sul tempo, sul dolore, sulla trasformazione. Attorno al narratore ruotano gli altri personaggi – il collega filosofo, gli studenti, il preside – di una storia che si svolge nel tempo di un anno scolastico e nello spazio di una scuola che è scenario surreale, luogo in cui reale e immaginario si fondono e prendono la forma di un animale di cemento scarnificato dalle intemperie, di un cetaceo morente.
«La scuola è contenitore di congedi», così racconta l’autore, «spazio ripiegato su se stesso», luogo di generazioni a confronto che lottano contro il tempo, il tempo dei padri che restano e quello degli studenti che a un certo punto dicono addio e se ne vanno. In questa scuola sentita come pelle, come “odore”, come mare, il protagonista si congeda dalla letteratura intesa come studio mnemonico e dal rigore dello scrutinio; si congeda dai suoi studenti, che sente come figli; si congeda dalla realtà, nel momento in cui l’immaginario letterario la supera; e infine si congeda anche da se stesso e abbraccia la sua personale metamorfosi.
Dentro lo scenario di una scuola surreale c’è spazio per il congedo, per gli addii e per il conflitto. Il conflitto padre-figlio, ad esempio, che è tema centrale del libro e che esiste nella realtà come nella letteratura. E cosa succederebbe se la membrana che divide il reale dal letterario si strappasse? Ciò che succede nel libro: si aprirebbe un varco, un passaggio che forse è sempre stato lì ma che prima non si vedeva. A un tratto, alcuni animali della letteratura fuggono dalle loro pagine e si disperdono nella scuola, perché, leggiamo, la letteratura altro non è che un grande zoo dove le parole sono cuccioli che soffiano.
Con l’aiuto degli alunni, l’ordine è ristabilito, eccetto che per un caso, quello di Gregor Samsa: il personaggio kafkiano de La Metamorfosi non rientra nella sua storia, ma diventa motore di altre storie e, a un certo punto, interlocutore del narratore stesso che gli si rivolge con il “tu”, come fosse un amico, un fratello. Il protagonista si rispecchia in Gregor, figlio per eccellenza, e arriva a immedesimarsi in lui in una metamorfosi graduale che capovolge il suo punto di vista sulla realtà e lo interroga su cosa sia reale e cosa sia finzione.
In un monologo inscritto nel sogno del protagonista, il personaggio Gregor Samsa rivela la sua natura, a cavallo tra il sogno e la follia, obbediente alle leggi dell’immaginario. Che forse sono più vincolanti di quelle reali.
«Ognuno di noi – racconta Lorenzo Zumbo – dovrebbe tendere al personaggio». Con questa frase, l’autore invita il lettore a vedersi come possibilità di esistenze, a indossare molte maschere (contravvenendo al precetto Pirandelliano) e a essere personaggio sfaccettato piuttosto che persona fissa e determinata.
Libro dalle molte facce, Grammatica della mano destra apre alle possibilità della letteratura intesa come finzione e immaginario, trattando temi serissimi come il distacco, la perdita, il conflitto famigliare, nella leggerezza del sogno, sublimandoli nel magico e nel fantastico, marchio distintivo dello stile del suo autore.
Claudia Farina