“È la vita che accade, è la cura del tempo”: così recitava la canzone È non è, che nel 2003 cambiò la rotta musicale della carriera di Niccolò Fabi, fino ad allora considerato solo un autore pop di discreto successo, ma non ancora un cantautore raffinato come sarebbe diventato da lì a pochi anni. E così, tra una somma di piccoli passi e una vita vissuta sempre più spesso da protagonista, gli ultimi vent’anni di Niccolò Fabi sono stati decisamente intensi e pure lui lo sa; proprio per celebrare questo primo traguardo ha dato alle stampe Diventi Inventi. 1997-2017, non un semplice greatest hits, ma una raccolta omogenea con gli episodi e le canzoni più significative che hanno scandito questo ventennio, scegliendo di ri-arrangiarle in chiave minimale così da dare loro una sorta di uniformità e filo rosso che le unisse nonostante la provenienza da album e periodi decisamente differenti tra loro.
Diventi inventi. 1997-2017 è per l’appunto il nuovo doppio album del cantautore romano, che nel primo disco ha selezionato 16 canzoni del suo repertorio, registrandole nuovamente da capo con una voce, una chitarra e poco altro, sulla scia dell’ultimo lavoro Una somma di piccole cose: così si passa da Il giardiniere – primo brano del primo disco registrato da Fabi nel 1997 – alle ultimissime Una somma di piccole cose, Facciamo finta, Filosofia agricola e Una mano sugli occhi, passando nel mezzo per altrettanti brani che hanno scandito la carriera di Niccolò, dal decisivo e già citato È non è che apriva La cura del tempo (2003) al capolavoro indiscusso della sua discografia, quella Costruire del 2006 che qui è presentata spoglia di ogni tipo di arrangiamento aggiuntivo. Non mancano altrettante canzoni fondamentali per la storia umana e musicale di Fabi, a partire da Ecco – titletrack dell’omonimo album del 2011 pubblicato poco dopo la morte della figlia Olivia – per risalire alla struggente La bellezza (da Novo mesto, 2006), Solo un uomo, Una buona idea e La promessa provenienti da Solo un uomo, disco premiato nel 2009 con la targa Tenco. Rosso risale all’esordio del Il giardiniere (1997), che insieme a Il mio stato (da Sereno ad ovest, 2000) e alla hit sanremese Lasciarsi un giorno a Roma (da Niccolò Fabi, 1998) rappresentano nella raccolta i principali salti all’indietro nel tempo. A chiudere il primo disco la canzone che dà il titolo all’intero lavoro, Diventi inventi: un brano in pieno stile Fabi, con un testo che riflette in maniera mai banale sui vent’anni passati nel mondo della musica, con tutti gli aspetti positivi e negativi che questo comporta, nella consapevolezza e con l’augurio valido per tutti di “far assomigliare la tua vita ai desideri”.
Nel secondo disco invece sono raccolte nove rarità sparse, scelte fra brani inediti, live, demo e versioni alternative di brani già noti, schegge impazzite rimaste nei cassetti per svariati motivi e qui rispolverate per l’occasione: tra questi la versione che ha dato origine a Capelli, qui denominata Senza capelli, ma anche un’esecuzione minimale di Dieci centimetri – brano contenuto in Sereno ad ovest – e de La mia fortuna, proveniente dalle session di registrazione di Solo un uomo. Parecchi brividi li mette il demo di Elementare, canzone stratosferica contenuta nel decisivo Ecco del 2011 e qui presentata con un testo leggermente differente da quello poi apparso nel disco; gli stessi brividi sono riservati per la conclusiva esibizione live di Attesa e inaspettata, brano scritto per la nascita della figlia e diventato tragicamente come un crudele contrappasso il simbolo più forte di come un padre possa sopravvivere al dolore per la scomparsa improvvisa e prematura della propria bimba.
Una menzione a parte la meritano i demo inediti di canzoni scritte, arrangiate e registrate ma poi, per ragioni diverse di volta in volta, non finite a far parte dei lavori ufficiali di Fabi. Di casi di outtakes e canzoni inedite rimaste fuori dai dischi è pieno il mondo (basti pensare a Dylan o a Springsteen, che sugli scarti di lavorazioni potrebbero imbastire una carriera alternativa!), ma qui la particolarità è dettata dal fatto che queste registrazioni pur artigianali permettono di fotografare ancora meglio l’anima e l’essenza artistica di Niccolò Fabi, consegnandoci il ritratto più vero di un uomo che si è messo a nudo per raccontare il suo modo di vivere e di vedere le cose; in questo senso, un rilievo particolare lo assume Il primo della lista, canzone figlia di Attesa e inaspettata ma soprattutto figlia di quel dolore atroce derivato dalla scomparsa della piccola Olivia: con la metafora del marinaio sull’albero maestro, Fabi si interroga su chi debba assumersi la responsabilità di guardare a vanti e continuare nonostante tutte le avversità e i dolori che si possono incontrare lungo il tragitto: “Se i primi mollano, mi spieghi gli ultimi come fanno, come fanno?”. Di grande impatto anche il brano d’amore Soltanto uno sguardo, mentre più leggero e divertente risulta Come sarà salvare il mondo. Infine, di grande interesse è anche Un passo alla volta, versione primigenia di quella che insieme a Daniele Silvestri e Max Gazzè sarebbe diventata Il padrone della festa, nel bellissimo album scritto a sei mani dal trio di cantautori romani nel 2014.
Insomma, per celebrare vent’anni di carriera si possono fare tantissimi progetti, dischi o duetti di ogni genere, ma di sicuro la scelta di Niccolò Fabi di riprendere in mano ex novo i brani più significativi del suo repertorio, ricantarli dandogli un’omogeneità che ricalca le atmosfere dell’ultima e fortunatissima tournée, unendoli poi a demo e rarità praticamente inedite è stata molto particolare e non scontata; questo Diventi inventi 1997-2017 è infatti un ottimo modo per consegnare a chi lo segue fin dagli esordi così come a chi non l’ha mai sentito prima la miglior fotografia esistente della sua esperienza artistica e umana, una sorta di radiografia dell’anima dalla quale nel bene o nel male, a vent’anni di distanza, non si può sfuggire e alla quale, tutto sommato, fa anche piacere accostarsi per osservare il percorso fin qui compiuto. Cosa succederà da questo punto in avanti rispetto alle scelte musicali di Niccolò non è dato sapersi, ma senza dubbio – scartata la notizia di un ritiro definitivo dalle scene a favore invece di una meritata pausa lontano da dischi e concerti – questa raccolta celebrativa di canzoni mette il punto finale a una fase creativa che ha dato tantissimo in termini di qualità alla canzone d’autore italiana; il futuro umano e musicale è lì tutto da scrivere e “silenziosamente costruire”, anche perché in un modo o nell’altro sa benissimo anche Niccolò che alla fine “non è un dovere, dovere invecchiare” e che altra musica lo aspetta appena avrà la necessità di raccontare qualcosa o raccontarsi a chi avrà voglia di ascoltarlo.
Matteo Manente