LECCO – Un pellegrinaggio nei luoghi di don Milani per ricostruire la vita e l’opera di uno dei più grandi innovatori dell’insegnamento in Italia; la rievocazione della madre di tutte le stragi italiane, ossia Portella della Ginestra, in una vicenda ambientata però nel 1980; la storia di uno dei più feroci assassini del Novecento, Andrej Cikatilo, con, sullo sfondo, il crepuscolo dell’Urss. Personaggi e vicende storiche che la giuria popolare del Premio Manzoni ha incontrato in questi mesi, in attesa della serata di sabato 22 ottobre 2016 (alle 21), presso il Teatro della Società sarà decretato il vincitore. Un premio, il Manzoni, giunto quest’anno alla sua dodicesima edizione e come sempre promosso dall’associazione 50&Più di Confcommercio Lecco.
L’uomo del futuro di Eraldo Affinati, Noi che gridammo al vento di Loriano Macchiavelli e Il giardino delle mosche di Andrea Tarabbia: questi i tre volumi scelti dalla giuria di qualità presieduta dal docente universitario e critico letterario Ermanno Paccagnini e su cui ora è chiamata a esprimersi la giuria popolare composta quest’anno da ben 100 lettori. Giurati, questi, come sempre individuati dalle librerie Cattaneo, Ibs-Libraccio, Libreria Volante, Parole nel Tempo, Perego Libri, La Torre e, novità di quest’anno, dalle biblioteche di Valmadrera, Costa Masnaga e Sirone.
Tre libri diversi e nessun favorito per un’edizione in cui sono state selezionate opere che, come afferma il membro della giuria di qualità Stefano Motta, «sono di livello altissimo, tanto che due sono finaliste anche in altri premi letterari di primo piano come lo Strega e il Campiello. Libri, tutti, che non lasciano indifferenti, o li si ama o li si odia».
Romanzi che parlano di argomenti molto diversi, quindi. In L’uomo del futuro Eraldo Affinati racconta in seconda persona la vicenda di uno dei più grandi innovatori italiani del Novecento, almeno per quanto riguarda l’educazione: don Lorenzo Milani. L’autore va sulle tracce della vita di Milani ripercorrendo i luoghi a lui cari e incontrando chi lo ha conosciuto e chi ha condiviso con lui l’esperienza educativa. Alle pagine che raccontano la vita dell’autore di Lettera a una professoressa, Affinati alterna interviste a figure di insegnanti di tutto il mondo, i quali, pur non avendolo mai conosciuto di persona, applicano il metodo di don Milani.
La strage di Portella della Ginestra è la grande protagonista, invece, di Noi che gridammo al vento di Loriano Macchiavelli. Si tratta della prima grande strage italiana del dopoguerra che ha già in sé tutti gli elementi che caratterizzeranno alcune delle più drammatiche vicende italiane, con i loro oscuri rapporti tra mafia, politica e servizi segreti. Un evento, la strage, che verrà rievocato in una sorta di legal thriller ambientato nel 1980.
Uno dei più sanguinari assassini del XX secolo è al centro, infine, di Il giardino delle mosche di Andrea Tarabbia. È il mostro di Rostov, Andrej Cikatilo, autore dal 1979 al 1990 di quasi 60 terribili omicidi soprattutto di giovani vittime che vivevano ai margini della società. Un libro che, secondo la giuria del Manzoni, «raggiunge vette altissime di lirismo», nonostante l’argomento molto forte. Al centro del romanzo è soprattutto la confessione del serial killer che Tarabbia ricostruisce, sottolineandone sia il racconto del male compiuto che la descrizione del fallimento dell’uomo Cikatilo. Il tutto negli ultimi e tormentati anni dell’Unione Sovietica, ormai prossima alla definitiva disgregazione.